Con Alessandra Polleggioni… il merletto di Orvieto

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Più di ogni altra attività artigianale quella del ricamo, per il fatto stesso che è stata eseguita prevalentemente  da mani femminili, ha racchiuso segreti, aspirazioni, pensieri molto spesso taciuti e inespressi. (Rossella Barletta “Ricami Pizzi e Merletti” quaderni Bibl. Com. le L. De Simone  Ed. Amaltea 2004)

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A quanti anni e in che modo ti sei  avvicinata al mondo del  merletto? Puoi raccontare brevemente il tuo  percorso?

Sono nata e cresciuta a Porano e frequentavo la scuola elementare quando ho iniziato a fare piccoli lavori all’uncinetto. Avevo una particolare predisposizione per il filet all’uncinetto. Un giorno mia zia, Velia Pollegioni, vedendomi lavorare  mi disse: “Se sai lavorare così all’uncinetto vieni da me che ti insegno il merletto di Orvieto”. Da lei ho imparato tutti i segreti di quest’arte antica. Mia zia mi ha sempre stimolato a migliorare la mia tecnica, attraverso l’esperienza e la formazione.  All’epoca avevo appena quattordici anni. 

Mia zia Velia Pollegioni   oggi  vive a Porano. Iniziò a lavorare per l’Ars Wetana  nel 1952 fino alla sua chiusura nel 1978. A partire da quella data cominciò un’attività autonoma, progettando e realizzando personalmente  tovaglie, lenzuola, corredi, oltre a quattro abiti da sposa. Per perfezionare la lavorazione del merletto di Orvieto, in particolare la fase di lavorazione del fondo, frequentai, nel 1998, un corso di formazione organizzato dalle suore Domenicane di Orvieto. 

Probabilmente anche  il mio percorso di studi mi ha molto aiutato a sviluppare l’autonomia e la padronanza nella lavorazione del merletto. Ho frequentato l’istituto d’arte di Orvieto. Lo studio e l’esercizio mi hanno consentito di acquisire e perfezionare una serie di abilità e competenze che mi permettono di scegliere e disegnare autonomamente i soggetti che poi realizzo in merletto. 

La soddisfazione più grande è stata quella di aver disegnato diversi soggetti per i lavori di mia zia Velia oltre ad aver disegnato i soggetti dell’ornato del mio abito da sposa, ispirandomi ad alcuni particolari della facciata del duomo di Orvieto.

Il rosone del Duomo realizzato con la tecnica del merletto di Orvieto da Velia Pollegioni

Che cosa significa per te realizzare un manufatto? Come nasce l’idea, come si sviluppa?

Sono molto perfezionista e ho deciso di specializzarmi nel merletto di Orvieto che ha una tecnica di lavorazione molto particolare. La realizzazione del manufatto prevede tre step ben precisi: la lavorazione dell’ornato (si tratta dei soggetti principali: foglie, fiori, animali, tralci..), la lavorazione del fondo e infine la rifinitura e stiratura. Queste tre fasi sono precedute dalla scelta dei soggetti da disegnare. Il lavoro viene eseguito con un uncinetto sottilissimo che caratterizza la lavorazione e la rende abbastanza unica in Italia e in Europa, dove domina la lavorazione del merletto ad ago e a fuselli. Un’unica altra eccezione è quella della lavorazione ad uncinetto  del merletto del lago Trasimeno che si rifà alla tradizione irlandese. A caratterizzare il merletto di Orvieto sono i soggetti ispirati alla simbologia medievale dell’arte sacra, dove trovano un posto privilegiato, oltre ai fiori e alle foglie, anche “le bestie”. Realizzare un manufatto di qualità significa riuscire a coniugare la passione con la tecnica ed il metodo. Questo richiede un impegno costante e quotidiano che diventa più o meno consistente, anche a seconda della tipologia o della quantità di lavori che vengono  commissionati. In quel caso occorre avere anche un ascolto attento delle necessità e delle richieste dei clienti che sono  abbastanza esigenti e si orientano su lavori ricercati ed originali. Che cosa provo quando ho finito un lavoro?  Vivo questo momento come se fosse un parto!

Bolsena Biennale 2017 – Al centro, Maria Vittoria Ovidi, Alessandra Polleggioni e Daniela Labardi insieme alle allieve merlettaie

Ci racconti un aneddoto particolarmente significativo legato alla tua esperienza di merlettaia?

Posso raccontare un aneddoto curioso successo recentemente. Da un paio di anni sto seguendo un gruppo di signore che vengono dall’Abruzzo per imparare la  tecnica del merletto di Orvieto. Dovendosi spostare in macchina per venire a Bolsena, abbiamo  concordato il programma del corso, cumulando così parecchie ore di lavoro nel fine settimana.  Ultimamente mi sono sentita in colpa! Probabilmente ho un po’ esagerato nel dare il ritmo di lavoro e  una signora, sicuramente per la stanchezza, si è punta con l’aghino sottile utilizzato durante una delle fasi di lavorazione. Insomma sono tornate a casa molto felici per i risultati raggiunti ma… con le dita “bucherellate”! Ma quando c’è la passione si supera anche questo!!!  Tornando seri, posso dire che é una vera soddisfazione accompagnare nell’apprendimento persone motivate e costanti. La soddisfazione è reciproca. La loro partecipazione  entusiasta alla manifestazione Bolsena Biennale ne è la conferma.

Hai qualche lavoro al quale sei particolarmente legata?

Tra i periodi più belli trascorsi ad imparare con zia Velia ci sono sicuramente i due anni e mezzo che abbiamo dedicato alla realizzazione del mio abito da sposa, lavorato completamente in merletto di Orvieto. È stata veramente una sfida in cui mia zia mi ha trascinato “con l’inganno”! In quel periodo avevo già realizzato qualche lavoro importante. Ero fidanzata da un po’ di tempo e in famiglia si cominciava a parlare di matrimonio. Zia Velia valutò che era giunto il momento di propormi qualcosa di più complesso. Un giorno mi chiese: “Perché non iniziamo a pensare all’abito da sposa? In un primo momento, la zia mi propose semplicemente di realizzare qualche inserto per la scollatura e qualche applicazione per lo strascico. Così chiedemmo alla sarta di confezionare il modello dell’abito in cotone per poterci  poi disegnare i fiori e  i tralci che intanto avevo disegnato personalmente su carta.

Mia zia era entusiasta! Un giorno mi disse: “Alessandra facciamo tutto l’abito! “. Iniziò così un lavoro che è durato due anni e mezzo, con l’impegno di tre persone. Io ho realizzato solo la parte dell’ornato. Il lavoro più impegnativo è stato quello della zia e di un’altra merlettaia che si sono cimentate nella lavorazione di una parte dell’ornato, del fondo e di tutto il lavoro di rifinitura. Per la stiratura non è stato semplice trovare una persona disponibile a cimentarsi nell’impresa che prevedeva l’inamidatura con il metodo classico, utilizzato per il merletto di Orvieto. Quest’ultimo passaggio ha richiesto un lavoro enorme. Ancora oggi, a distanza di tanti anni mi domandano: “Visto che avete impiegato due anni e mezzo per realizzare l’abito… e se nel frattempo ti lasciavi con il tuo fidanzato?”. La mia risposta è sempre la stessa: “Si cambiava marito ma non l’abito…. ”. Non ho cambiato marito e il mio abito continua a raccontare la mia storia e la storia della nostra famiglia.

Da quanto tempo insegni e quali sono le tecniche che  proponi? 

Ho deciso di dedicarmi esclusivamente all’insegnamento della tecnica del merletto di Orvieto. Da cinque anni lo faccio come maestra merlettaia della scuola Bolsena Ricama. Come ho già detto, è una tecnica complessa che prevede tre fasi di lavoro che diventano, perciò, esse stesse tre moduli di insegnamento. Tra una fase e l’altra ci vuole un periodo di decantazione, accompagnato da molto esercizio. Questo vale per la prima fase, che riguarda la lavorazione dell’ornato (foglie, fuori, bestie, tralci…), la lavorazione del fondo e la rifinitura. Per la mia esperienza, per arrivare alla padronanza del livello base, ci vuole almeno  un anno e mezzo di lavoro. Ci sono delle abilità  che devi acquisire con l’esercizio costante, prendendo confidenza con gli arnesi, con il filo, con tutto. Le prime lezione sono di carattere propedeutico, riconoscere i punti base, definire i punti usati,  imparare ad abbinare i due fili.

Nel video, realizzato recentemente, Alessandra Polleggioni indossa il suo abito da sposa mentre esegue una dimostrazione di lavorazione dell’ornato, una delle tre fasi necessarie alla realizzazione di un manufatto in merletto di Orvieto.

La tovaglia alle nostre spalle, sull’altare principale della chiesa di Porano é in merletto di Orvieto. L’ho terminata io con la lavorazione del fondo dopo che era stata ritrovata in un cassetto dopo la morte di una signora di Porano. 

L’arte del  ricamo per ritrovare se stessi… Il silenzio e l’arte del ricamo: quale relazione?

Quando lavoro “non sento più niente” e la musica può diventare un sottofondo che non disturba né condiziona. In una sorta di movimento automatico, prendo il ritmo giusto ed entro nel mio mondo. Lavoro la sera quando tutti sono a letto. Gli stato d’animo influiscono tantissimo sulla qualità del lavoro, sulla mano, sul tiraggio del filo. Il lavoro è quasi autobiografico. Nel mio caso, non è vero il detto: “sono stressata, ricamo e mi passa…”. Nei periodi in cui non riesci a staccare la spina non è il momento di lavorare. È li che si fanno dei danni enormi. E poi, con il tempo, il merletto diventa la merlettaia e viceversa. Se arrivi a certi livelli di competenza impari a riconoscere le persone attraverso il loro merletto. Io saprei riconoscere il merletto di mia zia Velia tra mille altri!  

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LA BELLEZZA ... secondo ALESSANDRA POLLEGGIONI

Il nucleo tematico scelto da Geapolis per le attività del 2018 è la “Bellezza”. Che cosa è per  te la bellezza?  Dove la cerchi? Dove la trovi? 

Credo che la bellezza sia negli occhi di chi la vede. Se penso alla bellezza mi viene in mente l’armonia, l’equilibrio del tutto che puoi trovare ammirando  una  scultura di Canova  come “Amore e Psiche”. Penso anche  alla Vergine delle Rocce di Leonardo. Nel ricamo, o che si tratti di un manufatto barocco o che sia un lavoro più sobrio, se c’è equilibrio delle forme e dei colori quella è bellezza. La bellezza la ritrovi  ovunque, posando lo sguardo sulla via del piccolo paese dove abiti, su cancello in ferro battuto, sulle vetrate delle cattedrali. 

È necessario desiderare la bellezza, cercarla e, una volta trovata, goderne e sapersene prendere cura, proprio come cerchiamo di fare con la conservazione e la trasmissione dell’arte del merletto, nel mio caso, del merletto di Orvieto. 

Tre aggettivi per descrivere i luoghi dove sei  cresciuta da bambina e dove oggi vivi…

Vivo in campagna, al confine tra il territorio di Porano e quello di Orvieto. Sono cresciuta in una casa sulla collina che lasciava scorgere in lontananza il Duomo di Orvieto. Da bambina, soprattutto durante l’estate  giocavo con il cane nel parco della villa di cui i miei nonni erano custodi. Ricordo i pomeriggi e il momento del tramonto, quando i raggi del sole facevano  dorata la facciata del Duomo … Ecco questa è bellezza, anzi è la Bellezza … 

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