Pubblicato il 27 giugno 2017
Pubblicato il 27 giugno 2017
Piansano 1873, l’imparaticcio della maestra Leonarda Ricci
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Il nostro laboratorio del racconto ci ha riservato molte sorprese ma non avremmo certo immaginato di poter vedere da vicino e toccare con mano un imparaticcio ricamato a Piansano nel 1873. È Maria Giuseppa Brizi che ci mostra questo pezzo unico: l’ IMPARATICCIO-ABBECEDARIO DI LEONARDA RICCI
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“.“Ho imparato facendo…”
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“Ho ricevuto questo esemplare in lino antico da mia madre. Mi ha raccontato che è stata la maestra Leonarda Ricci a ricamarlo. La maestra Leonarda, di origini toscane, nel 1873 insegnava a Piansano. Desiderava una coperta lavorata all’uncinetto e chiese di realizzarla alla zia Francesca (zia Checca!), sorella di mia nonna materna. A lavoro ultimato la maestra Leonarda fu molto soddisfatta del manufatto e così, come segno di particolare stima, regalò alla zia l’imparaticcio ricamato a punto croce, con tanto di data e di firma. Conservo con molta cura questo esemplare così raro e così legato alla storia delle donne della mia famiglia! Alcuni anni fa, ho ripreso a ricamare e a frequentare prima i corsi di panno tusciano con l’insegnante Teresa Moschini e poi i corsi con la scuola di Bolsena Ricama. Ma devo dire che tra i miei primi lavori da autodidatta, ho realizzato una copia dell’ imparaticcio della maestra Leonarda Ricci. Mi sono impegnata tanto in quel lavoro che rappresentava per me l’inizio di un nuovo percorso di apprendimento. L’unica differenza che, mentre l’ imparaticcio originale è stato ricamato a punto croce su lino antico, io ho realizzato il lavoro su tessuto étamine ( dialetto, etami)”
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PER ANDARE OLTRE…
Nella storia del ricamo, l’Ottocento occupa un capitolo tutto particolare: non solo, infatti, coincide con il momento di maggior fortuna di questa antica disciplina, ma è anche il secolo che vede nel ricamo l’espressione del proprio ideale femminile: la precisione, la pazienza, l’assiduità e al tempo stesso la fantasia e il gusto sono infatti doti fondamentali per una donna che doveva spendere la propria esistenza all’interno delle pareti domestiche.
Arte femminile e domestica per eccellenza, la tecnica delle grandi manifatture ha innalzato il ricamo ai più alti livelli dell’espressione artistica senza per questo distruggerne il carattere intimista: Aubusson, Beauvais, le Fiandre, i Gobelins, queste firme prestigiose che celano artigiani anonimi, hanno abbellito le case dei grandi, ricchi mercanti o principi, ambasciatori o cardinali; il ricamo si è fatto regale, iscrivendo nella sua trama, intrecciati d’oro o d’azzurro, gigli o corone per indicare il proprietario, protettore o mecenate, contribuendo cosi alla sua fama.
Giungono allora a maturazione le trasformazioni profonde avviate nei secoli precedenti che fanno si che questa antica e illustre arte venga definitivamente circoscritta al mondo femminile, sia nell’ ambito della produzione pubblica, sia all’interno della casa, dove acquista uno spazio importante nei ritmi quotidiani della vita delle donne e una funzione educatrice non secondaria.
Nel XIX secolo la professionalità femminile raggiunta nel settore tessile è una realtà: le donne sostituiscono la figura del ricamatore, esistita per secoli, e il loro lavoro viene organizzato, in forme diverse dal passato, nei laboratori privati e negli istituti pubblici inseriti nel circuito della produzione.
Mentre sul versante pubblico, dunque, i ricami sono pressoché tutti affidati ad abili mani di donne, privatamente ricamare diventa componente essenziale del mondo femminile. Nell’Ottocento il ricamo, a casa e a scuola, è strettamente legato alla particolare configurazione che assume l’idea di femminilità: all’interno della vita domestica consolidare virtù quali la pazienza, la precisione, l’assiduità, richieste da tali lavori sembrava parte fondamentale dell’educazione di una giovane per maturare quelle qualità che doveva possedere una donna, moglie e madre, che a vari livelli sociali vedeva consumare la propria esistenza all’interno delle pareti domestiche. Se cucire, tessere e ricamare avevano da sempre fatto parte delle varie attività quotidiane che le donne di ogni ceto espletavano nella casa, è solo nel XIX secolo che esse, in modo così esplicito e definitivo, vengono caricate di significati morali, diventando emblematiche dell’indole femminile e del ruolo cui le donne progressivamente sono destinate, in quanto giudicato il più adatto a esprimere il loro carattere mite e quieto.
…. ORDINE METODO PUNTUALITÁ OBBEDIENZA
Questo vale per donne di ogni provenienza e ceto e questa forma di educazione è impartita in ogni tipo di scuola destinata alle fanciulle; anche per quelle avviate a un’educazione più completa resta valido il principio per cui sono fondamentali «Order, method, neatness in everything and perfect knowledge of all kinds of household work, an exact punctuality and obedience to the laws of time and place».
Questo aspetto, particolarmente evidente nella cultura ottocentesca, era tuttavia già emerso nel XVI secolo, allorché, al di fuori del lavoro professionale e di bottega, aveva incominciato a svilupparsi un fenomeno molto preciso, quello del ricamo domestico: da allora inizia quel processo, che troverà appunto il suo compimento nel XIX secolo, attraverso il quale ricamare diventa per le donne un’attività educativa, in quanto permette l’esercizio delle virtù femminili, e preparatoria a certi tipi di lavoro.
Il ricamo domestico (con questo termine è conosciuto questo exploit cinquecentesco) rifiorisce contemporaneamente in Italia, Inghilterra e Germania, facendo di una saltuaria abitudine femminile ai lavori all’ago un sistema ben articolato, che impegna un numero sempre più consistente di donne che ricamano sia per personale diletto sia per utilità. Testimonianza delle ampie proporzioni che il fenomeno assunse in Europa è la contemporanea pubblicazione di libri di modelli’: tutti indirizzati alle “Nobili e Virtuose Dame” richiedevano tuttavia una lavorazione diversa da quella dei ricami figurati usciti dalle botteghe. I libri di modelli, stampati contemporaneamente in vari paesi d’Europa, riportano disegni geometrici o floreali o animali e figure che si trovano poi riprodotti in tanti accessori contemporanei di biancheria domestica. Questi testi non si limitano a diffondere motivi da riprodurre, ma danno anche istruzioni tecniche per eseguire i punti, dai più semplici ai più complessi.
Gli imparaticci o samplers piccole tele di lino, di cotone o di tela rada, erano generalmente eseguite da fanciulle, a casa o a scuola. Il campionario di ricamo, facendosi carico di quella doppia funzione, educazione-preparazione al lavoro, comincia a modificare la sua struttura originaria di stretta utilità: infatti da sempre i ricamatori avevano utilizzato pezze di lino per appuntare tecniche, disegni, varianti e prove di colori, necessarie all’elaborazione del ricamo vero e proprio o da memorizzare per un lavoro futuro.
Ogni paese, in Europa come in America, introduce nei samplers parte della propria tradizione, determinando continue modifiche relative ai tipi di disegni, ai punti di esecuzione, all’impostazione generale dei motivi, alla gamma cromatica dei filati; tutte varianti che permettono di individuarne la provenienza o di fissare la cronologia. Tuttavia nessun luogo e nessuna scuola persero mai di vista la finalità ben individuata già nel 1675 da Thomas Brook: «It is so learning to write and indeed to live also».
Nel XVIII secolo la lavorazione di queste piccole tele assume un aspetto preciso e ben circoscrivibile: un piccolo lavoro, il più delle volte fine a se stesso eseguito da giovani e giovanissime ricamatrici in un’età che varia dai 5 ai 17 anni, per imparare a ricamare, diventa ben presto, in modo sempre più netto, veicolo di valori morali.
Se ancora nelle rare testimonianze cinquecentesche sopravvive il carattere del campionario non concluso, quando questi lavori vengono eseguiti in ambito scolastico, cioè dal 1636, le dimensioni della tela, i motivi, i punti, la scelta della gamma cromatica si vengono precisando secondo il criterio di un lavoro guidato e finalizzato.
Costanti si fanno le righe con le lettere dell’alfabeto e i numeri, che servivano per cifrare ma anche per marcare la biancheria di casa, la firma, che lo rende un oggetto personalizzato, i simboli religiosi e le lunghe riproduzioni di passi biblici o le accorate meditazioni sulla brevità della vita, scelte per lo più dalle insegnanti e finalizzate all’edificante costruzione della personalità delle giovani allieve, attraverso il rispetto della religione, della morale, degli affetti domestici.
Bibliografia
Raffaella Serena, A piccoli punti. Imparaticci e modelli per ricamo dell’Ottocento tra arte e decorazione- 1991
DAL WEB… IN SINTONIA