17 Giu 5/ I luoghi del silenzio… Appuntamento a Piazza Maggiore
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Ogni luogo ha il proprio spirito, il proprio passato,
le proprie aspirazioni.
Jerome Bruner
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Lo spazio dedicato ai luoghi del silenzio, offre una proposta culturale caratterizzata da contenuti e strumenti metodologici utili a potenziare due delle otto competenze chiave: le competenze sociali e la consapevolezza ed espressione culturale.
All‘interno di questo percorso, fatto di continue attese e scoperte, l‘incontro con il patrimonio culturale, custodito dal territorio in cui la persona vive, assume una connotazione profondamente educativa non solo perché le permette di svelare le origini della propria identità o dell‘identità dell‘altro, individuando un terreno comune di comunicazione, ma anche perché tale patrimonio suscita spesso emozioni e suggestioni culturali, capaci di lasciare segni profondi nella sua identità e nella sua formazione.
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Pagina collaborativa con i contributi di
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Anna Laura (archeologa) – Direttrice del Museo Civico Archeologico “Pietro e Turiddo Lotti” – Ischia di Castro
Elettra De Maria (Insegnante in pensione) – Scrittrice autodidatta
Ennio De Santis – Poeta autodidatta
Progettazione e coordinamento web content Antonella Cesari (Progettista di formazione)
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“Siamo ora a Castro, dove piglio in gran diletto di considerare i giramenti del mondo. Questa città, la quale altre volte mi parve una bicocca di zingari, sorge ora con tanta e si subbita magnificenza, che mi rappresenta il nascimento di Cartagine…”
Annibal Caro, Lettera a Paolo Giovio 28 Luglio 1543
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I centri del silenzio
come retaggio dei centri della vita
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CASTRO… L’ANTICA CAPITALE FARNESIANA
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LA PRIMA CATTEDRALE:
Santa Maria “intus civitatem”
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IL DUOMO: SAN SAVINO
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DAL SILENZIO DELLE PIETRE … L’ECO DELLA VITA
Una passeggiata nell’antica Castro
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UN SILENZIO CHE SA DI PRESAGIO …
Castro muore
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GIGI OH! O IL SILENZIO INNOCENTE
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FUGA NELL’OBLIO
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Piazza Maggiore era la piazza principale di Castro, sede del potere politico, economico e amministrativo.
Progettata da Antonio da Sangallo il Giovane, aveva una pavimentazione in cotto e un sistema fognario all’avanguardia. Di impianto rettangolare, vi confluivano le vie principali e vi sorgevano gli edifici di maggiore rilievo. Sui lati corti vi erano ad ovest il Palazzo del Podestà e ad est la Zecca. Quest’ultima aveva in facciata un paramento in blocchi di travertino e nella parte alta gli stemmi farnesiani.
Per il privilegio concesso con l’istituzione del Ducato (1537), vi si coniarono, fino al 1546, monete d’oro, d’argento ed altro metallo.
A nord sorgeva l’edificio dell’Hostaria, che si sviluppava su tre livelli elevati e uno interrato. Nel piano terra si aprivano sotto i portici gli ingressi al palazzo e dieci botteghe, gestite dalla comunità ebraica di Castro….
Olimpia! L’avevo vista crescere e, mentre cresceva, era cresciuta anche la mia passione per lei.
Ecco, io, poco fa, mi sono gettato nelle acque dell’Olpeta nel punto in cui confluisce nel Fiora: come avrei potuto perdonarmi? Il mio corpo ha sbattuto contro aguzzi sassi sporgenti e grande è il mio dolore. Eppure mi pare di non sentirlo in confronto a quello che mi nasce dall’orrore di ciò che ho fatto e a cui ho dovuto assistere dopo. Ma voglio far galleggiare, insieme con me, tutti i miei ricordi -fin dall’inizio- da affidare al cielo che i miei occhi sbarrati stanno fissando ora.
Era una vecchia famiglia di scalpellini la mia. Il mio bisnonno era stato capomastro nei lavori che Antonio da Sangallo stava realizzando e si era conquistate stima e fama fino ad avere una bottega nell’Hostaria, proprio là, sulla piazza maggiore trasformata in un immenso cantiere con il Palazzo ducale, la Zecca…, ma dove, adesso, non è rimasto più nulla.
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ADDIO
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Un tonfo nell’acqua:
il mio sole annegato.
Due lune morte
gli occhi tuoi spenti.
Tutta la notte ho meditato.
Nel cielo quadrato
d’una scatola grande
ho visto
cenere il fuoco
che ci aveva scaldato,
gelato il mare
che ci aveva unito:
isole lontane,
sulle rive
un gabbiano in partenza.
Brividi in corsa mi hanno invaso.
Il freddo dell’anima
è peggiore
d’un’ignota caverna.
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Ennio De Santis (1977)
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Siv Schonberg, Qui fu Castro (2009)
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L’Eremo di Poggio Conte rappresenta una viva testimonianza del misticismo medioevale realizzato in estrema solitudine, eredità rielaborata della cultura ascetica orientale.
Il percorso che raggiunge questo luogo dello spirito, costeggiando il fiume Fiora, é già per se stesso una sorta di metafora del cammino interiore all’elevazione spirituale, per chi è ancora capace di contemplazione. La sorpresa che si offre al visitatore all’apparire della facciata della chiesa, scolpita e così meravigliosamente integrata nell’immutato paesaggio, si trasforma in vero stupore nell’osservare il complesso impianto architettonico rupestre, impostato su modelli gotico-cistercensi, e la ricca decorazione pittorica. La suggestività del luogo è resa maggiore dal rumore di una cascatella nelle immediate vicinanze dell’insediamento. (a cura di Anna Laura)
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