5/ Voci dal silenzio… Il traditore

I RACCONTI DI ELETTRA DE MARIA

.

.

IL TRADITORE…

“…. É STATA ALLORA CHE É INIZIATA LA FINE.”

.

.

.

.

vai alla pagina di Elettra clicca qui 

Olimpia! L’avevo vista crescere e, mentre cresceva, era cresciuta anche la mia passione per lei.

Ecco, io, poco fa, mi sono gettato nelle acque dell’Olpeta nel punto in cui confluisce nel Fiora: come avrei potuto perdonarmi?

Il mio corpo ha sbattuto contro aguzzi sassi sporgenti e grande è il mio dolore. Eppure mi pare di non sentirlo in confronto a quello che mi nasce dall’orrore di ciò che ho fatto e a cui ho dovuto assistere dopo.

Ma voglio far galleggiare, insieme con me, tutti i miei ricordi -fin dall’inizio- da affidare al cielo che i miei occhi sbarrati stanno fissando ora.

Era una vecchia famiglia di scalpellini la mia. Il mio bisnonno era stato capomastro nei lavori che Antonio da Sangallo stava realizzando e si era conquistate stima e fama fino ad avere una bottega nell’Hostaria, proprio là, sulla piazza maggiore trasformata in un immenso cantiere con il Palazzo ducale, la Zecca…, ma dove, adesso, non è rimasto più nulla.

Busto di Donna Olimpia Maidalchini

Alessandro Algardi – 1646 – (Galleria Doria Pamphilj (Roma)

L’illusione che Castro sarebbe diventata la capitale di un grande ducato era durata così poco! Anche il lavoro per gli scalpellini era man mano scemato e, dopo la morte dei miei genitori, nei ricordi della mia vita non c’è stato altro che sofferenza e fatica.

Antonio Corradini, La pudicizia – 1752 

Cappella Sansevero – Napoli 

Ma Olimpia! Olimpia era bella come il sole! Quando la guardavo passare mi sembrava che solo allora la mia esistenza avesse finalmente un significato: le sue labbra carnose, i suoi occhi neri, la meraviglia dei suoi lunghi capelli lucenti anche attraverso la reticella che li teneva raccolti, il suo corpo snello che presto aveva cominciato a mettere in evidenza un seno che sognavo di baciare! E il biancore dei suoi denti quando sorrideva e il suo disinvolto ancheggiare! Oh! Quel desiderio indefinito che ti si insinua dentro e ti fa bruciare le vene!

Mille volte avrei dato la vita per lei.

Avevo pensato -sì, ero convinto- che un giorno potesse essere mia, ma poi…

Ecco: il poi si chiamava Francesco Scaramuccia. Era il figlio maggiorenne del proprietario del palazzo che si affacciava sulla piazza e che, benché ancora non completamente rifinito, aveva costruito il mio bisnonno. Gente ricca in confronto a me. Come potevo competere?

E’ stato allora che è iniziata la fine. Quando nella mia anima si è fatto buio, ho conosciuto la disperazione e, visto che non potevo avere il bene, ho cominciato a farmi del male da solo, quasi una voluttà di distruggermi: ho iniziato a bere, a bere sempre di più. Ormai quando lei passava neanche mi guardava: certo si vergognava di me. Anche tutti i miei amici mi avevano abbandonato, in paese avevo acquistato una ben triste fama e mi sembrava di odiare Castro dal profondo del cuore per tutto ciò che credevo mi avesse promesso e che ora mi stava negando.

Fu all’inizio dell’anno che venni a sapere che in agosto Olimpia e Francesco si sarebbero sposati: la gelosia… il vino.. non so, mi avevano tolto il lume della ragione e io avrei voluto fare di tutto per impedirlo.

Intanto il pontefice fin da giugno aveva inviato le sue truppe, ma io, indifferente a quel che accadeva, mi ero tenuto lontano da Castro per non assistere ai preparativi di quelle nozze.

Vagavo nei boschi, senza meta, come un animale ferito, ma fu solo verso la fine di luglio -me lo ricordo bene!- che arrivai, inavvertitamente e senza che nessuno se ne avvedesse, all’accampamento dove era stata schierata una parte delle truppe pontificie. La curiosità ebbe il sopravvento e mi accorsi che il colonnello Vidman stava parlando col Savelli: il loro attendamento! Quante cose si possono cogliere di nascosto! Dunque era vero che il papa Urbano VIII aveva concesso debiti fino a più di un milione di scudi ai Farnese non per generosità, ma con il fine di impadronirsi del ducato contando sulla loro insolvenza? Per questo nel ’41 c’era stata la guerra che aveva fatto in quell’anno capitolare Castro? Tre anni dopo, sì, la città era tornata al duca di Parma, ma nel ’48 l’odio, la rivalità erano diventati insanabili tra il nuovo pontefice Innocenzo X e Ranuccio II.

La scusa stavolta era stata l’insediamento del nuovo vescovo: il duca rivendicava a sé la facoltà della nomina, mentre il papa aveva lui stesso insignito della sede vescovile Cristoforo Giarda. Questo s’era presentato in segno di omaggio a Parma, ma non era neanche stato ricevuto e infine il papa lo aveva mandato a Castro ben sapendo che forse ne stava facendo un agnello sacrificale, un martire!

Come già sapevo, i sicari di Ranuccio lo avevano ucciso sulla Cassia a Monterosi!

Particolare di un’incisione della città di Castro di J. Blaeu del 1633. Porta Castello e il mastio difensivo

Ma questa era cronaca e non mi interessava più di tanto.

Quello che invece accese la mia fantasia e mi ha portato alla perdizione fu il sapere che, per trovare un punto debole nella difesa degli assediati, un pugno di soldati s’era offerto di abbattere due mulini, giusto dietro la città, proprio quelli che appartenevano al mio rivale.

Per farlo sarebbe stato necessario passare per strade scoscese a precipizio sulla stretta forra: io mi feci avanti per guidarli!

Francesco, che per caso si trovava lì, proprio ai mulini, cercò di difendere quella postazione e con un’archibugiata colpì il luogotenente Maurelli che vidi portar via ferito gravemente, ma tutto fu dato alle fiamme e Francesco, intrappolato dentro, vi morì.

Francesco! Non c’è stato giorno, non c’è stata notte che non mi tormentasse il suo ricordo: la ragione voleva illudermi di aver finalmente vinto contro di lui, ma nel cuore c’era, continuo, un rovello assillante che mi torturava.

E poi… quello che è accaduto poi!

Settanta volte sette allora avrei preferito che Olimpia e Francesco si fossero sposati in pace.

Forse, certo, il mio non è stato il tradimento decisivo. Forse Castro sarebbe capitolata lo stesso: tali, tante e bene armate erano le truppe papaline! Ma quello che ho dovuto vedere è come una spada che ancora mi sta trafiggendo il petto: la mia città demolita in modo sistematico, tutto portato via! Vettovaglie, armi, munizioni, finanche i ferramenti delle porte abbattute mandati al porto di Civitavecchia; rasi al suolo il maschio e le altre fortificazioni!

Santuario Crocifisso di Castro per saperne di più clicca qui

Anche gli stessi abitanti rimasti, prima di essere uccisi o allontanati per sempre, furono obbligati ad abbattere tutto con l’ordine di distruggere anche le cisterne, i pozzi, le fontane, i mulini, di non portare via né rottami né calcinacci nei valloni, ma di lasciarli sul posto per rendere più difficile il potervi fabbricare di nuovo. Travi, porte, finestre furono tutte accatastate per darle alle fiamme; coppi, tegole e mattoni furono rotti per renderli inutilizzabili; tutte le suppellettili sacre e religiose furono spedite ad Acquapendente. Anche le vigne -la vigna che la mia famiglia curava forse da secoli!- furono devastate e le strade di accesso alla città rese impercorribili.

Furono infine -era dicembre!- smantellate le trincee e licenziate le milizie.

Quando tornai a Castro per l’ultima volta ho visto, proprio lì sulla piazza, accanto a quella che era stata l’Hostaria,  distrutti la casa di Olimpia e Palazzo Scaramuccia: di lei non ho saputo più nulla, ma la sua immagine ancora mi strazia il cuore. Eppure -mi sto chiedendo- come può un sentimento d’amore, se è vero, se è profondo come io pensavo, aver generato tanto male?

Ho girovagato ancora fino a trovarmi davanti al cippo tufaceo con l’affresco di Gesù Crocifisso: in un atto di rabbia e di orrore, più forse verso di me che verso quell’immagine, ho tentato di cancellarlo e poi, come Giuda, sono scappato via e mi sono gettato qui. Ora il mio corpo inerte è trascinato a valle dalle acque del Fiora.

Spero che presto il mare mi possa accogliere fra le sue braccia perché né terra né cielo potrebbero volermi mai più, anche se chiedo perdono!

CONTINUA A LEGGERE I RACCONTI DI ELETTRA

.

.

.

DAL SILENZIO DELLE PIETRE … L’ECO DELLA VITA

Una passeggiata nell’antica Castro

Clicca qui

.

UN SILENZIO CHE SA DI PRESAGIO …

Castro muore

Clicca qui 

.

GIGI OH! O IL SILENZIO INNOCENTE

Clicca qui

.

FUGA NELL’OBLIO

Clicca qui

.

.

.

.

.

torna al blog clicca qui 

.