Con Daniela Labardi… il filet a mòdano

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In questo momento di incertezze e di ripensamenti,  in una ricerca affannosa di valori e testimonianze passate, si riscopre l’arte al femminile nella sua forma più peculiare: il merletto e il ricamo come tracce della nostra storia da riprendere e da riproporre alle generazioni future, come un filo sottile che lega il passato, attraverso il presente, orientato verso il futuro.  Siamo noi i custodi di una ricchezza da trasmettere intatta ai nostri figli.

Bolsena Ricama 

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IL RICAMO COME SCUOLA DI VITA....

A quanti anni e in che modo ti sei  avvicinata al mondo del  merletto? Puoi raccontare brevemente il tuo  percorso?

Al contrario di molte amiche merlettaie, il mio percorso non si radica nel solco della tradizione familiare. Ho iniziato a ricamare a scuola. Sono nata in Belgio e ho frequentato le scuole elementari in un piccolo paese della Vallonia. La città più vicina era Liegi. Erano gli anni ’70 e in Belgio l’insegnamento del ricamo era un capitolo importante del programma di educazione domestica. Poco dopo sono ritornata in Italia e con la famiglia ci siamo stabiliti a Bolsena. È stata una religiosa, Suor Vittoria,  a farmi conoscere  Bolsena Ricama, la scuola che lei stessa frequentava. Mi incoraggiò molto dicendomi che sarebbe stata un’esperienza  umana e formativa di qualità. Suor Vittoria ha avuto ragione! All’epoca ero giovane e stavo cercando qualcosa che potesse trasformarsi in un impegno che fosse più di un semplice hobby.

Ho iniziato a frequentare la scuola poco dopo la sua apertura, nel 1995. All’inizio ho provato diverse tecniche, le sfilature, il ricamo classico, il tombolo. Ricordo molto bene una signora di Modena che era la levatrice del paese. Fu lei che mi insegnò a fare la rete con uno strumento particolare, l’ago mòdano, un lungo ago d’acciaio, con due crune aperte alle estremità che servono per avvolgervi il filo.

Da subito mi resi conto che avevo una particolare attitudine per il ricamo e la lavorazione del merletto. Tuttavia la tecnica del filet a mòdano è diventata la mia passione e anche la mia specializzazione! La rete lavorata a mòdano è molto versatile, ci si può fare di tutto… inserti, tende, tovaglie, bordure per asciugamani, bordure per fazzoletti, colletti polsini tovagliati…

Il filet a mòdano é una tecnica presente soprattutto nei territori lacustri o marini e che richiama la trama e la lavorazione delle reti da pesca. Oggi, tanto il merletto che le reti da pesca vengono realizzate attraverso processi industriali. Nel metodo tradizionale artigianale della lavorazione della rete a filet e della rete da pesca ci sono molte affinità. Noi utilizziamo l’ago mòdano, i pescatori lavoravano la rete con alcuni strumenti ricavati dalle canne del lago. Una volta realizzata la rete, i pescatori la gettano in acqua, noi merlettaie, ancora oggi, la stendiamo su telaio e la ricamiamo.

Che cosa significa per te realizzare un manufatto? Come nasce l’idea, come si sviluppa?

Per prima cosa occorre dire che per questo tipo di lavoro serve “mescolare tra loro tre ingredienti” fondamentali: la passione, la tecnica e la disciplina. Se non hai la passione  e non provi piacere  per quello che fai non riesci a portare avanti un’attività del genere. È necessario un metodo di lavoro e  molta costanza  che permette di prolungare nel tempo l’impegno richiesto. La regolarità  dell’esercizio è fondamentale.  Se riesci a fare almeno un giro o due, regolarmente, tutti i giorni, anche mezz’ora al giorno; se lo fai regolarmente tutti i giorni  allora il risultato viene da sé… Non avendo una preparazione artistica non sono in grado di disegnare autonomamente i soggetti da ricamare sulla rete. Perciò scelgo i soggetti utilizzando riviste specializzate in questo settore. Dopo tanti anni di esperienza, riesco comunque a personalizzare il lavoro. 

Mi capita di fare qualche modifica ai disegni, come pure, avendo una certa competenze in diverse tecniche di  ricamo cerco di mescolarle, mi piace molto sperimentare e creare manufatti  originali. Più  si impara, più si conosce e più si diventa creativi. In questa prospettiva il mio percorso, alla prova del tempo, mi realizza e mi dà molte soddisfazioni. 

Ormai, anche nella lavorazione del filet a mòdano, si rincorrono un pò le tendenze della moda sia per quando riguarda i disegni che i colori. Io preferisco restare sul classico, utilizzando i disegni antichi. Cosa provo quando termino un lavoro? Un senso di compimento… quando si termina un lavoro complesso, provi soddisfazione ma anche un senso di liberazione! Hai voglia di passare ad un altro progetto e cimentarti in una nuova sfida creativa!  

Hai qualche lavoro al quale sei particolarmente legata?

Certamente! Si tratta della prima tovaglia che mi hanno commissionato, uno dei miei primi lavori. Per questo vi sono particolarmente legata. Si trattava di una tovaglia con gli inserti realizzati a filet mòdano. Il soggetto scelto dai committenti erano i leoni.  Il lavoro venne pubblicato sulla rivista su Rakam nell’aprile del 1998.

Per me fu una grande soddisfazione, una conferma ed un incentivo a proseguire su quella strada. Sono trascorsi vent’anni  e … eccoci qui a raccontare la storia! 

Da quanto tempo insegni e quali sono le tecniche che  proponi? 

Come ho già detto sono stata una delle allieve della prima ora. Il mio percorso formativo è iniziato nel 1995 ed ho assistito alle varie fasi di crescita e di trasformazione della scuola. Ho collaborato all’organizzazione delle mostre  e successivamente degli eventi internazionali che la scuola ha promosso nel tempo, prima fra tutte le varie edizioni di Bolsena Biennale e i concorsi  ad esse collegati. Da cinque anni sono diventata  la responsabile della scuola Bolsena Ricama. Attualmente sono una delle  insegnanti dei corsi base di  filet modano, sfilature, e punto antico, oltre ad occuparmi dei corsi avanzati di filet a mòdano. Si lavora in piccoli gruppi, perché è fondamentale un rapporto personalizzato con le allieve che vanno seguite passo passo e tenendo conto dei loro tempi e delle loro specificità.  Da ottobre a giugno la scuola organizza i corsi su due pomeriggi, con un impegno di  quattro ore settimanali.

Le partecipanti possono liberamente richiedere di accedere allo studio di una tecnica, piuttosto che un’altra. Oppure seguire il nucleo tematico annuale. In base alle loro richieste, viene così organizzato un piano di lavoro individuale che viene verificato in itinere. Alla fine dell’anno ciascuna partecipante realizza “un imparaticcio” che permette di documentare le tecniche di ricamo e di lavorazione del merletto acquisite durante l’anno. Ogni anno la scuola ha un nucleo tematico, una tecnica che viene approfondita,  presentata e insegnata, spesso invitando qualche esperto, in sinergia con la rete di collaborazione che la scuola intrattiene a livello nazionale. Per il prossimo anno (2018-2019) stiamo programmando un lavoro tematico sullo sfilato  siciliano.

L’arte del  ricamo per ritrovare se stessi… Il silenzio e l’arte del ricamo: quale relazione?

Ci sono giornate che mi sembra di essere calma. Iniziando a ricamare scopro di non avere concentrazione, di non riuscire ad essere precisa sul lavoro.  Scopro così che la mia calma era solo apparente. In quei casi la soluzione migliore, per me, è quella di smettere di lavorare. Ci sono alcune amiche merlettaie che affermano di rilassarsi con il lavoro. Nel mio caso questo non è vero. Per me il lavoro diventa quasi una verifica del mio equilibrio interiore. Lavorando, questo equilibrio emerge oppure  ne scopro la mancanza. Sicuramente  ricamare o realizzare un merletto  richiede un certo tipo di atteggiamento e uno stile  personale  dove il silenzio non è assenza di suoni  o di voci. Piuttosto si tratta di  un atteggiamento  silenzioso  che non lascia spazio ai rumori inutili ma  lascia spazio e accoglie le voci  delle amiche merlettaie e delle compagne di corso, con le quali si condivide il proprio lavoro e  ci si scambia consigli  per migliorarsi.

Siamo alla vigilia della Solennità del Corpus Domini che a Bolsena assume un significato tutto particolare. La scuola Bolsena Ricama  ha promosso qualche iniziativa in occasione di questa memoria liturgica?

Il  occasione dei 750 anni dalla data in cui avvenne il Miracolo di Bolsena si è celebrato un Giubileo straordinario  che ha  avuto inizio nel gennaio del 2013 con l’apertura delle porte sante a Orvieto e Bolsena ed è terminato  a novembre 2014, con la chiusura delle porte. Nell’ambito delle manifestazioni programmate  in questo occasione la scuola Bolsena Ricama ha organizzato una mostra di paramenti liturgici. Ideatrice e curatrice della mostra la professoressa Maria Vittoria Ovidi che ha curato una interessante guida alla mostra.

Quali prospettive  future vedi per il mondo del ricamo e del merletto? Che cosa si potrebbe fare anche a livello nazionale per promuovere questo settore?

Purtroppo in Italia, al contrario della Francia e di altri paesi europei,  manca un riconoscimento  professionale in grado di valorizzare e dare riconoscimento giuridico e di conseguenza economico a tutti coloro che si impegnano nell’arte del ricamo e del merletto. Benché in Italia ci siano punte di eccellenza  legate alle competenze e alle abilità di molte persone,  non si riesce ad andare oltre l’organizzazione di eventi e  mostre mercato che però,  benché caratterizzate dalla buona riuscita,  si limitano spesso ad un discorso di carattere culturale  o addirittura legato alla dimensione del tempo libero. Così facendo non si riesce ad incidere su un discorso che possa portare questo settore ad avere un riconoscimento professionale e tutelato per tutti coloro che vi operano. In questa situazione  si possono evidenziale alcune buone pratiche orientate verso un sistematico lavoro di riconoscimento e valutazione delle competenze delle persone implicate in questo settore.  Molto interessante è, per esempio, il modello adottato in Valsesia con il Puncetto. In questo caso si tratta di una scuola che insegna la tecnica del Puncetto. La scuola  ha costituito una commissione di valutazione formata da alcune maestre che, a partire da alcuni indicatori e standard ben definiti,  valuta  i manufatti prodotti  e ne stabilisce il prezzo prima di essere  immessi sul mercato, attraverso un punto vendita allestito all’interno della scuola. C’è molta strada da fare. Per questo serve di mettere in sinergia idee, competenze e professionalità diverse. Soprattutto occorre crederci!

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LA BELLEZZA ... secondo DANIELA LABARDI

Il nucleo tematico scelto da Geapolis per le attvità del 2018 è la “Bellezza”. Che cosa è per  te la bellezza?  Dove la cerchi? Dove la trovi?

Tutto può essere bello, l’importante che ci sia armonia. Se penso alle attività della nostra scuola e anche ai lavori delle allieve, il primo passo verso  l’eccellenza  del lavoro passa attraverso la capacità di saper armonizzare i tessuti, le forme e  i colori. Amo molto la natura e rimango sempre stupita dalla sua armonia. Questo mi capita quando vado in montagna ma anche nel quotidiano, ogni volta che passeggio sulle rive del lago qui a Bolsena. In ogni caso ritengo che la bellezza sia un’esperienza anche personale che deriva da come  le proprie inclinazione e attitudini  personali  sono in grado di  vivere e elaborare personalmente le proprie esperienze, gli stimoli culturali, relazionali ed  ambientali nel quale ognuno di noi è immerso.

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