Dina Brizi: 93 anni di vita sapientemente vissuta e … ricamata

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” Voi siete le vostre storie. Siete il prodotto di tutte le storie che avete ascoltato e vissuto, e delle tante che non avete sentito mai. Hanno modellato la vostra visione di voi stessi,  del mondo e del posto che in esso occupate.”

 Daniel Taylor, Le storie ci prendono per mano 

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CON GLI OCCHI DI DINA … UNO SGUARDO AL QUOTIDIANO

È un bene che il paese si sia evoluto e che oggi ci siano tante persone che hanno studiato …  Io non sono mai stata una persona rigida, “stretta  di mente”,  mi sono adattata all’ambiente a agli anni che erano, non ho mai esagerato però … ho sempre letto tanto …. L’abitudine di leggere la sera per un’ora mi ha sempre accompagnato .. tra i libri che mi sono piaciuti di più ho letto I Promessi sposi, il personaggio di Lucia mi piaceva tanto .. poi  la Divina Commedia, i Vespri Siciliani … per tanti anni ho gestito la  biblioteca parrocchiale e così ho avuto la possibilità di leggere anche  giornali, riviste libri che non erano a disposizione di tutti…. la lettura per me è  ancora molto importante..  mi sono comperata il dizionario di medicina, quando ho bisogno lo consulto…

È importante la voglia di imparare … io per esempio utilizzo il cellulare e desidero tanto imparare ad utilizzare il computer … oggi c’è più possibilità di studiare ma meno voglia… oggi ci sono tutti i corsi che volete, tutti gli insegnanti che volete ma la motivazione ad appendere è minore .. non imparano… alle volte quando parlo con i ragazzi noto che non sanno che dire, non hanno argomenti, lo studio non giova se non pratichi le cose… ci vuole la cultura e  l’ aggiornamento delle cose della vita… sulle cose che nella vita servono e si vivono ..mi sono sempre aggiornata, mi sono sempre adattata al  mondo in modo critico, non sono mai andata dietro ad una moda o ad un’altra, sceglievo un criterio mio … Tra i ricordi più belli  le ore passare a ricamare e quelle passate a leggere la sera, con una luce fioca davanti al camino…

Dina Brizi – 93 anni (intervista realizzata nel gennaio 2017)

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Sono nata a Piansano  nel 1923, l’ultima di cinque figli, 3 femmine e 2 maschi. Ho avuto un’infanzia serena. Ero la più piccola della famiglia e ricordo che ho giocato tanto! Da bambina  abitavo in via delle Capannelle.  All’epoca era il centro del paese,  molto vicino alla Chiesa e poco lontano da Piazza Indipendenza, dove terminava il centro abitato. Quanto ho giocato su quella via!!! … a battimuro, a campana,  a che bel castello, all’ambasciatore … Ricordo che, soprattutto la domenica mattina  anche le mamme giocavano con noi a battimuro!!!

Montefiascone – Scuola elementare Maestre Pie Filippine (Classe terza elementare) 

Nella seconda fila a partire dall’alto, da sinistra, la terza bambina é Dina Brizi

Già a tre anni frequentavo l’asilo dalle suore Maestre pie Filippine. Era il 1926. Ricordo ancora le maestre. Erano in tre: suor Lucia, la “sora Nena” e un’altra maestra che spesso cambiava.  All’epoca non c’era la mensa e ricordo che erano i genitori a portarci il pranzo. Ho avuto la fortuna di poter andare a scuola fino alla quinta elementare.  I primi due anni di scuola elementare li ho frequentati a Piansano. Ricordo che la scuola si trovava nel palazzo del Comune. In terza elementare sono andata a Montefiascone, ospite della famiglia della zia, sorella di mia madre. Non avevano bambini e mi volevano molto bene… Ho il ricordo dei freddissimi inverni a Montefiascone, quando le strade erano gelate e la mattina lo zio mi accompagnava a scuola portandomi in braccio, fino a Santa Margherita, dove si trovava la scuola delle Maestre Pie Filippine.

Poi sono ritornata a Piansano dove ho frequentato anche la quarta e la quinta.

Ricordo che in quinta elementare eravamo rimasti in pochi, una decina di bambini, metà maschi e metà femmine.

A scuola si imparava a leggere e  a scrivere,  la matematica non mi piaceva.  Mi piaceva l’italiano, mi piaceva scrivere… avevamo un quaderno a righe per l’italiano,  un quaderno a quadretti per la matematica e un  album da disegno rettangolare. Mica c’erano tanti quaderni come quelli di oggi!!!!

All’epoca c’era la necessità di braccia per la campagna e la maggior parte dei bambini, frequentata la seconda elementare, venivano mandati subito a lavorare in campagna. Giovanissimi venivano avviati al  lavoro.

Tanti di loro ogni mattina, attendevano il caporale che li portava a lavorare “a Maremma”. Le Lestre, Poggio Martino, Campo Morto erano le terre della Maremma che si estendevano oltre Tuscania, nel territorio di Tarquinia e Montalto.

Anche molte bambine, dopo aver frequentato la seconda o la terza elementare venivano avviate al lavoro in campagna dove avevano il compito di “passare il grano” e “legare la vigna”.  

Anche le mie sorelle hanno aiutato in campagna il babbo e i fratelli. Avevamo tanti vigneti e c’era bisogno che tutti facessero la loro parte. Io ero la più piccola in famiglia.

Tra me e il  mio fratello più grande c’erano tredici anni di differenza. Il babbo non ha voluto che io andassi in campagna.

HO IMPARATO A CUCIRE E A RICAMARE …

.Terminata la quinta elementare, i miei genitori mi hanno mandato subito da una sarta per imparare a cucire e nello stesso tempo frequentavo le lezioni di ricamo che tenevano le suore. Ricordo con tanto affetto e gratitudine suor Irene, che fu la mia maestra di ricamo.

La sarta che mi ha insegnato a cucire era chiamata “la Marietta del Postino”, perché il marito era il postino del paese. Le imbastiture,  il punto lento,  il soprammano, il sottopunto, prendere i punti,  imparare a mettere le tasche sono state le prime cose che mi ha insegnato la sarta Marietta. Poi ho imparato ad abbinare i colori dei tessuti e dei fili.

Ricordo quando andavo a comperare i fili per cucire nella bottega del paese e quando aspettavo il “panninaro” per comprare le stoffe che mi servivano.. Lo spazzino del paese  “mandava il bando”: girava per le vie del paese annunciando “ SI avverte che è arrivato il panninaro..”. In genere veniva da Canino e da Valentano e vendeva in piazza. Dopo aver imparato a cucire ho frequentato la scuola di taglio. Era la fine degli anni ’30  e anch’io, come molte altre donne piansanesi,  ho imparato a realizzare cartamodelli e confezionare abiti con il  metodo di taglio Ida Ferri. 

Grazie a tutto ciò che avevo imparato, nel corso degli anni mi sono potuta permettere di arricchire  il mio guardaroba con i vestiti più particolari e originali.  Sceglievo i modelli, realizzavo i cartamodelli con il metodo di Ida Ferri e mi  confezionavo gonne, camicie, giacche e cappotti. 

Conservo ancora l’abito da sposa di mia madre,  un abito molto bello e particolare. Aveva scelto il modello insieme alla sorella Geltrude che all’epoca, nel 1908, viveva a Roma ed era ricamatrice.

Così l’abito della mamma era rifinito con delle decorazioni realizzate  in perline. Ricordo ancora con emozione e commozione un abito di pizzo elegante che mi sono confezionata, nel 1966, in occasione del matrimonio di una nipote, dove ho utilizzato le decorazioni  di perline  dell’abito della mamma per rifinire il mio abito di pizzo.

LA MIA VERA PASSIONE … IL RICAMO

È stato però il ricamo la mia vera passione e anche “la mia professione”.. Ho iniziato a ricamare all’età di undici anni. Erano gli anni ’30. Ricordo i miei primi lavori insieme a suor Irene, la mia maestra di ricamo. La prima cosa che mi ha insegnato a fare è stato l’orlo a giorno, la sfilatura nel lenzuolo, il gigliuccio, il punto quadro nelle tovaglie.
Ho ricamato tanti corredi da sposa per le famiglie del paese. I punti di ricamo che più ho utilizzato sono stati il punto ombra, il punto principessa, il punto regina, il punto rodi, il punto pieno, il punto erba, il punto mosca che utilizzavo quando bisognava cucire insieme i teli di panno tusciano, per realizzare il lenzuolo. Ciascun telo infatti veniva lavorato a telaio e misurava settanta centimetri, quindi bisognava unirli.

Il corredo variava a seconda di quanto una famiglia poteva permettersi di spendere. Il corredo veniva realizzato in tessuto di canapa  e cotone. Era chiamato panno Tusciano. Il corredo classico era composto da 12 lenzuola, 6 tovaglie, sei asciugamani e sei pannoni da cucina realizzate con la tela di canapa più grezza. Il corredo delle famiglie più benestanti prevedeva almeno venti lenzuola. Chi non poteva permettersi il tessuto in canapa utilizzava  il tessuto guinea. Ho ricamato molte camicie da notte realizzate in tessuto di mussola (in dialetto mussolina ) e popeline (in dialetto popolina).

 

Dina Brizi negli anni della giovinezza 

Mi piaceva veramente tanto ricamare e cercavo anche di creare dei disegni originali. Mi ispiravo ai disegni che vedevo sulle riviste  ma poi mi piaceva inventare anche da sola decorazioni e fantasie nuove. Era tradizione ricamare negli asciugamani le iniziali della sposa. Per prima cosa iniziavo a disegnare le lettere dell’alfabeto sulla carta  e cercavo di seguire tutte le regole  della calligrafia  e della bella scrittura. Quando avevo dei clienti particolarmente esigenti  mi facevo aiutare dal maestro del paese, il maestro Mattei. Mi ricordo che era sempre molto disponibile e incuriosito dal fatto che quelle lettere che lui disegnava, diventavano poi un ricamo a punto croce e finivano nei cassetti delle camere da letto degli sposi!

una vita sapientemente vissuta e… ricamata 

TRA I RICORDI PIÚ BELLI …

Ricamare richiede molta disciplina, molta pazienza, molta attenzione e molto tempo a disposizione. Il mio lavoro era molto metodico. Tutti i gironi lavoravo la mattina, almeno tre o quattro ore e poi altre due o tre ore il pomeriggio. Ma lo facevo volentieri perché mi riusciva e ricamare per me era un vero piacere!!!!

Tra i ricordi più belli gli affetti familiari,  le ore passate a ricamare e quelle passate a leggere la sera, con una luce fioca davanti al camino… 

Cosa pensavo mentre ricamavo? .. La fantasia lavora sempre…  pensavo a quello che avevo fatto, a quello che potevo fare, a come mi sentivo, alle persone che conoscevo… pensavo tante cose!

Tra le fotografie che conservo con cura, quelle della prima comunione dei miei nipoti, per i quali organizzai un bellissimo rinfresco, e quelle scattate  durante i tre anni passati in Argentina (1981-1984), a Buenos Aires  da mio nipote.

Buenos Aires – 1982

COMUNQUE ANCHE A 93 ANNI LA MIA VITA É BELLA

Comunque anche  a 93 anni la mia vita è bella.

Grazie a Dio ho una buona salute, sono autonoma. Decido da sola il mio menù e cucino quello che mi piace.

Continuo anche a lavorare all’uncinetto e a ricamare, anche se ho bisogno dei miei tempi. La vista ancora è buona. In questi ultimi mesi ho ricamato un corporale per la celebrazione della Messa, per un mio nipote sacerdote.

L’affetto per i familiari e per i miei nipoti è ciò che mi sostiene  e mi da più felicità.

Auguro ai giovani di saper capire quali sono le cose veramente importanti  e di avere sempre la capacità di sorridere alla vita.  

..…. Ne sappiamo di più sull’uomo quando diventiamo anziani rispetto  a quello che ne sapevamo nell’infanzia? Ho seri dubbi! Ma ciò che sappiamo e continuiamo ad apprendere, lo sappiamo e lo apprendiamo a ogni età in un modo “altro”… Divenire adulti significa essere messi a confronto con le nostre  potenzialità e le responsabilità connesse. L’uomo si scopre capace di, ma anche capace per qualcosa e per qualcuno. L’anzianità comincia quando in noi si insediano il senso del tempo e del suo scorrere…  In campo educativo, ci sarebbe molto da guadagnare a non separare, o addirittura a contrapporre, infanzia, adolescenza, vita adulta e vecchiaia.  Le età della vita e quello che rivelano sono fatte per essere coniugate le une con le altre. L’umanità si scopre  quando, grazie all’infanzia, all’adolescenza, alla vita adulta, alla vecchiaia, gli uomini imparano a far convivere insieme all’interno di se stessi queste diverse dimensioni.

Pierre Durrande, L’arte di educare alla vita

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Peter Paul Rubens, Old Woman and Boy with Candles

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