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Diffida dell’uomo a cui piace tutto,
di quello che odia tutto e, ancora di più,
di colui che è indifferente a tutto.
Johann Kaspar Lavater
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L’omologazione dei comportamenti, delle mode, dei gusti, delle culture, l’appiattimento sul presente, l’incapacità di progettare la propria vita… Seguire un sistema di valori così privo di vita provoca una grave perdita del collegamento con il centro di se stesso. Cadere nella trappola dell’adeguarsi a come va il mondo, o peggio attrezzarsi a fare come fanno tutti significa piombare in una tristezza che ci porta ad un desiderio ossessivo, è irrequietezza senza nome… E allora corriamo il rischio di afferrare la prima cosa che prometterà di farci sentire di nuovo vivi….
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Le ultime ricerche rivelano che sei italiani su cento soffrono di apatia e sostengono di vivere in maniera poco gratificante.
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E’ un fenomeno noto da tempo e diffuso fin dall’antichità. A cambiare sono semmai le manifestazioni. Oggi l’apatia può risultare mascherata. Un’agenda fitta d’impegni, per esempio, può nascondere una profonda sofferenza o il tentativo di fuggire da un vuoto emotivo. Il suggerimento è quindi quello di chiedersi sempre il perché di ciò che si fa. Se la risposta è sul versante “fuga” è probabile che dietro si nasconda una tendenza all’apatia. L’apatia può, inoltre, essere favorita dal ridotto contatto sociale a sua volta imputabile all’ambiente in cui si vive (anonimo, sovra-affollato, dove si sta “fra” la gente, ma non “con” la gente) o alla tipologia di relazioni, spesso superficiali oppure, addirittura, virtuali.
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«Niente per l’uomo è insopportabile come l’essere in pieno riposo, senza passioni, senza affari da sbrigare, senza svaghi, senza un’occupazione. Egli avverte allora la sua nullità, il suo abbandono, la sua insufficienza, la sua dipendenza, la sua impotenza, il suo vuoto»… «tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera»
Blaise Pascal
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La grande bellezza (2013) regia di Paolo Sorrentino
Assenza di “pathos” cioè di passione, emozioni, sentimenti, desideri, attrattiva è questo il significato etimologico del termine. L’apatia è caratterizzata, infatti, da una evidente immobilità fisica, mentale, progettuale e creativa. Spesso tutto ciò è accompagnato da un vissuto emotivo “spiacevole” che comporta sofferenza interiore.
Attività ripetitive, persone poco stimolanti, routine o ambienti monotoni tendono ad annoiarci rendendoci, così, apatici.
Al tempo stesso, dobbiamo però accettare l’idea che l’apatia, come ogni forma emotiva, non è insita nelle cose e cioè intrinseca a situazioni, persone o ambienti, ma è dentro di noi e pertanto va affrontata soprattutto attraverso una riflessione e un agire su di sé.
In casi particolari l’apatia può nascondere una sofferenza più profonda legata a
Amedeo Modigliani – Giovane operaio, 1918-1919
Heinrich Vogeler, Sensucht, 1908
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Ecco un possibile vademecum:
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La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani….considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole maravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana…
G. Leopardi, Pensieri
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A fare la differenza è lo stile con cui accogliamo, interpretiamo e affrontiamo anche le avversità. La vita può essere subita (da cui l’apatia, ma anche la rabbia, il senso di alienazione…) o affrontata. Di fronte a delle difficoltà, infatti, una persona può reagire, dimostrandosi, quindi, resiliente o soccombere e arrendersi. E’ molto più probabile che nel secondo caso, caratterizzato da uno stato più passivo o comunque rassegnato, si sviluppi l’apatia.
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La resilienza come “tratto” della persona e stata definita come “una caratteristica personale che modera gli effetti negativi dello stress e promuove l’adattamento”. In questo senso la resilienza può essere considerata come una combinazione di caratteristiche fisiologiche e di fattori di personalità. Gli studi che seguono questa direzione si sono quindi focalizzati sull’identificazione di quelle caratteristiche fisiche e psicologiche che consentono all’individuo di superare le avversità.
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foto by Gioacchino Bordo
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Quando la vita rovescia la nostra barca, alcuni affogano, altri lottano strenuamente per risalirvi sopra. Gli antichi connotavano il gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate con il verbo «resalio». Forse il nome della qualità di chi non perde mai la speranza e continua a lottare contro le avversità, la resilienza, deriva da qui…
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A rendere resiliente una persona non sono i suoi geni ma l’avere obiettivi importanti, una sorta di mission, e percepire il controllo sulle situazioni (pensare che il proprio agire faccia la differenza).
Anche l’avere una rete sociale di supporto e soprattutto una persona stabile di riferimento da cui trarre nutrimento emotivo, è senza dubbio di grande aiuto.
Le caratteristiche degli individui resilienti sono relative
Altre importanti caratteristiche resilienti sono state identificate dagli studiosi che seguono l’approccio della psicologia positiva e tra queste vi sono:
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Una delle chiavi del successo è la capacità di analizzare se stessi.
Ognuno deve sviluppare modi per capirsi, valutarsi e accettarsi.
Questo senso dell’io è della massima importanza. Con pazienza, ma anche con concreta spietatezza, occorre conoscere se stessi, il proprio carattere, i propri bisogni e desideri, i propri punti deboli e i propri punti forti. E’ la condizione indispensabile per una comunicazione efficace, per instaurare relazioni interpersonali, per sviluppare empatia nei confronti degli altri.
(da Life skills- Organizzazione mondiale della sanità)
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La semplicità è la necessità di distinguere sempre, ogni giorno, l’essenziale dal superfluo….
Se non apriamo le nostre case, compresa la casa più intima, che è il nostro animo, siamo solo uomini di cartone.
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COMPETENZE SOCIALI
La competenza sociale è collegata al benessere personale e sociale che richiede la consapevolezza di ciò che gli individui devono fare per conseguire una salute fisica e mentale ottimali, intese anche quali risorse per se stessi, per la propria famiglia e per l’ambiente sociale immediato di appartenenza e la conoscenza del modo in cui uno stile di vita sano vi può contribuire…… La base comune di questa competenza comprende la capacità di comunicare in modo costruttivo in ambienti diversi, di mostrare tolleranza, di esprimere e di comprendere diversi punti di vista, di negoziare con la capacità di creare fiducia e di essere in consonanza con gli altri. Le persone dovrebbero essere in grado di venire a capo di stress e frustrazioni e di esprimere questi ultimi in modo costruttivo e dovrebbero anche distinguere tra la sfera personale e quella professionale. La competenza si basa sull’attitudine alla collaborazione, l’assertività e l’integrità.
(Raccomandazione del Parlamento Europeo relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente).
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