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….”Una buona padronanza di sé –ossia la capacità di resistere alle tempeste emotive causate dalla sorte avversa, senza essere “schiavi delle passioni” è una virtù elogiata fin dai tempi di Platone. L’antica parola greca che indicava questa qualità era sophrosyne, ossia “cura e intelligenza nel condurre la propria vita; misura, equilibrio e saggezza. I Romani e i primi cristiani la chiamarono temperantia- temperanza- in altre parole, la identificavano con la capacità di frenare gli eccessi emozionali. In effetti, l’obiettivo della temperanza è l’equilibrio, non la soppressione delle emozioni: ogni sentimento ha il suo valore e il suo significato. Una vita senza passioni sarebbe come una landa desolata abitata solo dall’indifferenza- tagliata fuori, isolata e separata dalla ricchezza della vita stessa…..” Daniel Goleman
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Tu sei sempre stato uno che tutto sopportando nulla subisce: e con pari animo accoglie i favori e gli schiaffi dell Fortuna (…) Mostrami un uomo che non sia schiavo delle passioni e me lo porterò chiuso nell’intimo del cuore, nel cuore del mio cuore, come ora te Amleto all’amico Orazio
Shakespeare
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Che cosa caratterizza una persona intelligente? Una persona intelligente è una persona che sa pensare e possiede perciò capacità cognitive, come anche strategie di riflessione e abilità. Ma ciò che rende buono un pensatore non è solo un’abilità cognitiva superiore o particolari abilità: al contrario è la tendenza continua ad esplorare, a ricercare, a verificare la chiarezza, ad assumersi rischi intellettivi, e a pensare con criticità e con immaginazione. Queste tendenze possono essere chiamate disposizioni a riflettere.
Il cambiamento della concezione dell’intelligenza è una delle forze liberatrici più potenti nell’incentivare un rinnovato impegno per ciò che riguarda il coinvolgimento in percorsi di sviluppo personale e professionale in età adulta.
Storicamente, l’intelligenza umana è sempre stata valutata sulla base della sua componente cognitiva. Poiché i sistemi scolastici di tutto il mondo si proponevano di valutare e stimolare lo sviluppo delle facoltà logico-matematiche e linguistiche, si era fermamente convinti che il QI fosse un indice sufficientemente sicuro per determinare le potenzialità e le possibilità di successo individuali. Più di recente, gli studi in materia di sviluppo cognitivo dimostrano che il successo personale dipende da qualità che vanno molto al di là del solo QI: si tratta di fattori che riguardano per lo più la capacità di stare bene con gli altri, ovvero quella che oggi si è soliti chiamare intelligenza emotiva.
Di fronte ad alcune delle sfide poste dall’ambiente dinamico in cui viviamo oggi, l’intelligenza emotiva permette di migliorare le prestazioni personale e di collaborare in modo proficuo con gli altri. Essa comprende una vasta gamma di emozioni, impulsi e motivazioni da guidare per migliori prestazioni e relazioni.
La capacità di agire con intelligenza emotiva dipende dal grado di maturità affettiva, che a sua volta si consolida grazie alle esperienze vissute negli anni e a una maggiore consapevolezza di sé e dei propri rapporti con gli altri. Questa conoscenza, guadagnata sul campo nel percorso esistenziale di ciascuno spiega perché l’intelligenza emotiva cresce con il passare degli anni e con l’esperienza.
Nel 1990, Peter Salovey e Jack Meyer introdussero l’espressione “intelligenza emotiva” per definire il modo in cui le persone applicano l’intelligenza alle emozioni. Da allora molti altri, tra cui lo statunitense Daniel Goleman e i britannici Malcolm Higgs e Victor Dulewicz, si sono impegnati ad arricchire il concetto. Secondo i lori studi possiamo riassumere che l’intelligenza emotiva riguarda la capacita di
La parola emozione deriva dal latino movere (muovere) con l’aggiunta del prefisso e- (movimento da) per indicare che in ogni emozione è implicita una tendenza ad agire, in riferimento ai passaggi di energia che percorrono il corpo e che costituiscono altrettanti segnali per il cervello. Ogni volta che riceve uno stimolo, il cervello lo decodifica per trasformare le emozioni in sensazioni, iniziando a organizzare la risposta del corpo. Immaginiamo per esempio di camminare per la strada e vedere all’improvviso qualcuno avvicinarsi pericolosamente. Dentro di noi si attivano certi neuroni e ormoni che creano una scarica di energia (e-mozione); il cervello la recepisce portandola a livello cosciente; di conseguenza, si prova paura e ci si sposta alla svelta. Data la loro natura fugace, le emozioni restano di solito sotto la soglia della coscienza; quando capita di prenderne consapevolezza, invece, sono vissute come sensazioni.
Le emozioni e i sentimenti sono parte integrante della nostra esistenza e rappresentano una spinta motivazionale per le nostre azioni quotidiane. La capacità di riconoscerli in sé e negli altri è fondamentale per lo sviluppo dell’individuo e per le sue relazioni. Di conseguenza è importante che i ragazzi si soffermino sul significato delle emozioni, aumentino la loro consapevolezza e migliorino la loro capacità di esprimerle in maniera fluida e consapevole, integrandone gli aspetti emotivi e cognitivi. Per iniziare a familiarizzare con lo spazio dedicato all’atelier delle emozioni ecco una proposta molto utile.
OBIETTIVI
Il film Inside Out è un film d’animazione del 2015 realizzato dai Pixar Animation Studios e distribuito dalla Walt Disney Pictures. Nella mente di Riley, una ragazza di undici anni del Minnesota, vivono cinque emozioni: Gioia, che garantisce la felicità alla ragazza, Disgusto, che si occupa che Riley non venga avvelenata fisicamente e socialmente, Paura, che tiene Riley lontano dai pericoli, Rabbia, che impedisce che Riley subisca ingiustizie e Tristezza, il cui scopo non è ben chiaro a nessuna emozione.