30 Nov Teorie in pratica… L’autobiografia come metodo formativo
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” Voi siete le vostre storie.
Siete il prodotto di tutte le storie che avete ascoltato e vissuto, e delle tante che non avete sentito mai.
Hanno modellato la vostra visione di voi stessi, del mondo e del posto che in esso occupate.”
(Daniel Taylor, Le storie ci prendono per mano )
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L’autobiografia non è solo un genere letterario. Dopo alcuni decenni di studi scientifici ed esperienze internazionali, essa contraddistingue anche un approccio culturale e uno stile particolari nella ricerca, nella formazione e nella cura. Il ricorso alle metodologie della conoscenza narrativa di sé contagia oggi molteplici campi del sapere e altrettanti contesti di applicazione e d’intervento: da quelli universitari a quelli del lavoro e della promozione delle culture locali, del benessere individuale e della terapia, della scuola e dei servizi, nell’educazione del pensiero e dell’intelligenza, delle emozioni e della reciprocità interculturale, delle differenze di genere… Tra le esperienze più significative in ambito internazionale quella francese di APA (L’Association pour l’autobiographie et le patrimoine autobiographique), cofondata nel 1992 da Philippe Lejeune.
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“… A poco a poco la mia identità prese a riconoscersi – e a sfaccettarsi – attraverso le parole scritte e le parole presero a radicarsi nell’identità. Il linguaggio -uno scavo nella coscienza- si approfondì e mi promise di diventare il mio fedele specchio. Quante severe implicazioni in questo miraggio! Quanta disciplina. Ma era finalmente un lavoro rivolto all’interno, è sempre questo che intendo quando dico ‘scrittrice’ E quando dico ‘giornalista’ intendo l’opposto: una che si volge impulsivamente ai fatti, e li insegue, e crede di afferrarli al volo, fin quando si trova lontanissima da sé, dispersa e consumata da una vana corsa. Allora il principale problema -lo fu per me- sarà di ‘rientrare a casa’. La casa del linguaggio è approdo e permanenza. Per usare le parole di Gianna Manzini (le scrisse nel ‘45, a proposito di Virginia Woolf) il problema sarà imparare ‘a raccogliersi l’anima e a tenerla in fronte come la lampada dei minatori’…. No non fu, allora, una liberazione […] Era l’altra identità che s’affacciava al reticolato delle parole consumate, piegate a mille usi, e si guardava intorno… Dovetti inventare il silenzio e farne, in certe ore, la mia condizione di vita. Nel silenzio mi imposi un lavoro assiduo, come un falegname che pialla il legno. Volevo ridestare da quel giacimento -oscuro, grumoso- il maggior numero di parole possibili. E di volta in volta volevo legare quelle parole al bagaglio in trasformazione dei miei pensieri e dei miei sentimenti. Col tempo si creò un ricco scambio fra il sentire e le parole che lo avrebbero rivelato: scambio che la scrittura rende tangibile…
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L’esperienza di Grazia Livi ci introduce a quel viaggio formativo che è la scrittura autobiografica. Esso risponde al desiderio di mettersi in cammino per “rientrare a casa”. Un impulso che chiama a rimettere ordine, a dare senso al proprio sé, ri-pensarlo, ri-orientarlo, ri-comprenderlo ad un livello di maggiore autonomia e consapevolezza.
La biografia di ciascuno di noi è faccenda seria. Malinconici, seri, delusi, grati … questi sono solo alcuni degli atteggiamenti verbali e mentali che assumiamo quando ripensiamo a ciò che si è fatto, a come si è giunti a determinate mete, alle rinunce ma anche alle conquiste, ai successi o ai passaggi che ci rendono “adulti”…
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