Una lunga storia d’amore … L’Italia che affascinó Re Gustavo VI di Svezia

Gustavo VI Adolfo fu re di Svezia dal 1950 fino alla sua morte (1973). La reputazione del re per i suoi molteplici interessi personali era conosciuta a livello nazionale e internazionale. Appassionato di archeologia, prese parte a spedizioni archeologiche in Cina, Grecia, Korea e Italia. Il 15 giugno 1905 si sposò con la principessa Margherita di Sassonia-Coburgo-Gotha (1882-1920), figlia del principe Arturo di Sassonia-Coburgo-Gotha e della sua consorte, la principessa Luisa Margherita di Prussia; da essa ebbe cinque figli. La moglie morì prematuramente quando era incinta del sesto figlio, il 1º maggio del 1920. Si risposò il 3 novembre 1923 con la principessa Luisa Mountbatten (1889-1965), figlia di Luigi di Battenberg, 1º  marchese di Milford Haven, e della principessa Vittoria d’Assia e del Reno, dalla quale non ebbe figli. Entrambe le sue mogli erano nipoti della regina Vittoria del Regno Unito. Per saperne di più clicca qui

15 giugno 1905: Gustavo VI Adolfo di Svezia  e la principessa Margherita di Sassonia-Coburgo-Gotha nel giorno delle nozze

L’ITALIA CHE AFFASCINÓ IL RE GUSTAVO VI DI SVEZIA

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Correva l’anno 1925 quando il re  Gustavo VI di Svezia  insieme a Martin Persson Nilsson fondò  l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma. L’amante dell’archeologia e dell’arte (cosi gli italiani  ma anche gli svedese ricordano il Re  Gustavo VI Adolfo) ufficializzò così la sua dichiarazione d’amore nei confronti dell’Italia. L’Istituto divenne la base dell’attività archeologica svedese in Italia, che si concentrò in particolar modo sullo studio della cultura etrusca. Dal 1957 al 1978 si svolsero le grandi campagne archeologiche nella Tuscia Viterbese, a San Giovenale e Luni sul Mignone, nel comune di Blera, e ad Acquarossa nei pressi di Ferento. Nel corso di questi anni e fino alla sua morte nel 1973, il Re fu uno stimato collaboratore sul campo. Basco sulla testa e maniche della camicia arrotolate, partecipò con entusiasmo alle campagne di scavo…

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SI RACCONTA DI QUELLA VOLTA CHE ...

….Si racconta di quella volta in cui il Re, invitato a cena dalle autorità locali, trovando solo una decina di persone chiese: ma dove sono i miei operai? Quando gli fu risposto che non erano stati invitati, egli replico: “allora non vado a tavola nemmeno io”. Indipendentemente dalla veridicità della storia, essa rivela l’immagine del Re impostasi nella memoria collettiva: quella di monarca con forte senso della democrazia e dell’uguaglianza, di uomo che visse nel rispetto dei propri ideali…

PER SAPERNE DI PIÚ

…. A chi ha potuto seguire da vicino il suo lavoro sul campo o studiare i suoi diari di scavo, appaiono evidenti la sua abilità tecnica, la sua saggia prudenza e la sua esemplare capacità di giudizio. Lo stesso vale per la sua erudizione, la sua apertura mentale e la sua capacita di sentire e ricordare gli oggetti, sia artistici che quotidiani. Era aperto soprattutto a ciò che era concreto, alle cose reali e tangibili; il lavoro pratico sul campo ed i problemi quotidiani della realtà archeologica sembravano affascinarlo più di astratte speculazioni e teorie accademiche. Re Gustavo Adolfo seppe cosi unire la modestia e il rispetto nei confronti dell’archeologia accademica ad una serena e discreta maestria sul campo.

I suoi maggiori contributi come archeologo furono quelli di grande ispiratore, iniziatore e sostenitore dalle ampie vedute. Se spesso ebbe il ruolo di protagonista e di portavoce, é vero che non lo cercò mai: l’instancabile passione di tutta una vita per il lavoro di archeologo fu la sua gratificazione maggiore. Soprattutto in questo il “re archeologo” fu un grande umanista….”

Carl Nylander, Gustavo VI Adolfo, il re archeologo. Gli Etruschi e l’Europa, pp. 466-467, 1992. (Carl Nylander, gia direttore dell’ Istituto Svedese, che insieme al Re ha scavato per alcuni anni)

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