Con Ennio De Santis… sospinti dal vento d’Inverness

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Conversazione con Ennio De Santis

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Agosto 2017-  a cura di Antonella Cesari 

In occasione dei suoi 80 anni, Ennio De Santis ha concesso a  Geapolis  il privilegio  di poter pubblicare buona parte della sua produzione poetica.  Un gesto e canto d’amore verso il suo paese natio, Piansano, che continua a considerare un “ardente  focolare […] nel quale ad ogni ritorno a picco si getta”. “Un poeta inconsapevolmente colto, che sta nel totale umano coinvolgimento”: così abbiamo conosciuto Ennio De Santis. Ci ha introdotto nel suo mondo -quello della POESIA- che ama definire così:La poesia é la voce e la mano del sentire. È il cuore aperto, la  mente in cerca del filo della cruna e del tessuto. È occulti rivelati. È l’immenso. È il soffio e l’ala in bocca dei viventi. È  il volo oltre l’ultimo cielo illuminato davanti all’occhio di Dio”.

Ennio De Santis ha accettato di condividere con gli amici di Geapolis i ricordi del periodo che ha segnato maggiormente la sua esperienza poetica ed artistica… Parliamo del periodo californiano, due anni (1990-1991) fecondissimi,  trascorsi  a Corte Madera nelle vicinanze di San Francisco (California) sulla costa dell’Oceano Pacifico.  

I paesaggi, il clima, le nuove amicizie, oltre alle turbolente vicende politiche internazionali, ispirano i due nuovi componimenti poetici: Il Vento d’inverness– Poesia della California e La voce nel Deserto- Guerra nel Golfo, grazie ai quali riesce immediatamente a far parlare di sé.

Dalle mostre, agli eventi culturali organizzati con l’Istituto italiano di cultura a San Francisco, alla lettura del VI Canto del Purgatorio di Dante a Berkeley, agli studenti dell’Università della California.

Un’importante tappa della maturazione del percorso umano e artistico  di Ennio de Santis che merita assolutamente di essere conosciuta.

Perché e in quale contesto è maturata la decisione di partire  per la California?

Era l’ottobre del 1989.  Da pochi mesi, con la casa Editrice Crocetti,  era uscita la mia nuova raccolta “In un cardo spolpato”.  Dopo le raccolte In un cavo di terra  (1977) e Pastorali  (1980), avevo già ricevuto i miei primi riconoscimenti. Ero e mi consideravo un pastore. Le mie giornate erano scandite dai ritmi della campagna, tra Piansano, Tuscania ed Arlena di Castro. L’avventura americana iniziò grazie all’amicizia con due ceramiste che, dalla California, venivano a Tuscania per frequentare la Scuola Estiva di Visione che  il professor Rudolf Kortokraks  aveva trasferito da Salisburgo a Tuscania nel 1980 e che  prosegui fino al 1990.  In quel periodo realizzavo sculture in Creta. Mardi Wood e Carolyn Means, questi i  nomi delle due ceramiste,  rimasero molto colpiti dal mio modo di realizzare sculture in creta. Iniziammo a condividere il nostro comune interesse per l’arte.

Avevo ricevuto diversi inviti. Desideravano che fossi loro ospite in California, ma… ero un pastore.

Non potevo lasciare la campagna e il mio gregge! Per questo avevo sempre detto di no.  

Negli ultimi mesi del 1989, una serie di circostanze sfavorevoli (alcuni contrasti con un socio,  il fatto che la semina del nuovo pascolo non fosse andata a buon fine….) mi costrinsero a vendere il mio gregge. Non ero in condizione di poter gestire, da solo, tutta una serie di problemi che si sarebbero presentati.

Avevo bisogno di un po’ di tempo per riorganizzare diversamente la mia attività. “A giugno si ricomincerà!”… mi dicevo…

Era il gennaio del 1990.

Senza il mio gregge, costretto a riorganizzarmi le giornate in attesa dell’estate successiva, l’idea di accettare l’invito di Mardi e Carolyn cominciò a farsi strada tra i miei pensieri e le mie preoccupazioni.

A quel punto, fu facile per loro propormi “un’offerta che non si poteva rifiutare”. Essere ospite nella loro casa a Corte Madera, nelle vicinanze di San Francisco, per tre settimane, con la possibilità di dedicarmi a ciò che più amavo: l’arte e la poesia…

Avrei trasformato così un momento di difficoltà in qualcosa d’altro… che cosa non avrei saputo neanche immaginare…

Decisi di partire. 

Mi offrirono una camera e uno studio dove avrei potuto scrivere e dipingere. Mi misero a disposizione anche una macchina per potermi muovere  autonomamente. Non conoscevo una parola di inglese. Subito dopo il mio arrivo, Mardi e Carolyn organizzarono alcune escursioni nei dintorni…. Inverness, Kehoe Beach, Golden Gate Bridge, Alcatraz e Punta Rais.

Ero come un bambino incuriosito e  stupito di fronte a qualcosa di nuovo e di grande… Il vento, si il vento mi impressionò!  Percorrendo la strada lungo la costa, vedevo tronchi spezzati , alberi investiti dalla furia di un vento che faceva paura… Nelle prime settimane della mia permanenza a Corte Madera, io, abituato ai silenzi e ai suoni della campagna etrusca,  fui sospinto, provocato, reso inquieto dal vento dell’Oceano… un’intuizione, una scintilla e non mi rimase che scrivere ciò che  scaturiva dal più profondo di me stesso…

Il Vento di Inverness, Kehoe Beach, Golden Gate Bridge, Alcatraz, Punta Rais nacquero durante i miei giorni trascorsi lì, spesso in solitudine, senza conoscere una parola di inglese…

Guardavo, ascoltavo e mettevo a confronto quei paesaggi con la campagna etrusca dove ero cresciuto e che in quel momento sentivo lontana.

.IL VENTO D’INVERNESS

 

Non l’onda pacifica

nè il vento d’Inverness;

m’investono a schianto mulinelli

che ricordano il crollo di sequoie

sulla roccia compressa:

impulsi a guglie

della mia memoria migrabonda

per cieli senza nome,

a me severa sentenza.

 

Sulle terre brune,

traccia ignota di sale e di fumee

sepolti tra il pietrame.

 

Tu, mia terra, mio scheletro,

che tieni in pugno e muovi

i fili del cuore,

fitta sul mare,

dove il canto di Omero

ripercuote le voci,

e muore il cardo ridendo

in faccia al sole

con le spine in bocca,

dilungati e afferra

le mie radici capovolte, in volo.

THE WIND OF INVERNESS

 

Not the waves of the Pacific

not the wind of Inverness;

vortexes exploding around me

recall the crashing of Sequoias

on the compressed rock:

towering impulses

of my migrant memory

through skies without name,

 to me a severe sentence.

 

In the brown earth

unknown traces of salt and vapors

buried among piles of stones.

 

You, my land, my skeleton,

holding in your fist and manoeuvering

the strings of my heart,

you, rammed in the sea,

where Homer’s song

re-echoes the  voices;

and the thistle,

its mouth full of spines,

dies sneering at thè sun;

you, reach out and seize

my roots, down-side-up…

in flight.

Il mio programma prevedeva di rimanere a Corte Madera tre settimane. Mardi e Carolyn, invece, mi incoraggiarono anche a dipingere… avevano intenzione di organizzare  un evento culturale dedicato all’arte e alla poesia italiana. Desideravano realizzare una mostra di pittura, da allestire nel grande giardino che circondava la loro casa-laboratorio.  Le poesie che intanto avevo scritto sarebbero state tradotte anche in inglese e presentate in occasione della mostra. Mi  proposero di rimanere per tre mesi. Fui messo nelle condizioni di poter “tirar fuori” quello che dentro di me era sepolto  e che attendeva solo di poter emergere…In due mesi realizzai più di venti tele. La mostra ebbe grande successo. Dal giardino di Mardi e Carolyn  la mostra proseguì presso il Council Chambers Gallery di Mill Valley City. Anche questa volta  fu un successo …

RASSEGNA STAMPA 

Poesia y pintura del italiano Ennio de Santis trasciende el presente

Par Leyla Cattan

Nostalgia y celos me da pensar que sólo  la memoria humana es capaz de volver a vivir la vida vivida y recorrer los pasos andados.  Los recuerdos que guarda la memoria son los pies del pasado de todo humano. A veces  los recuerdos llevan puestos zapatos lustrosos  que hacen resaltar la lucidez de la memoria, otras veces estàn sucios y empañan los recuerdos   y otras veces los zapatos estàn agujerados por donde se fugan  esos recuerdos.  Ennio De Santis es el poeta y pintor italiano que produjo el milagro de activar los recuerdos de mi memoria … La càlida cadencia de sus versos me hizo recordar el tono de voces queridas, la brillantez de los colores de sus pinturas me recordò la inocencia atrevida de mi adolescencia en la en la campiña italiana, en la regiòn Etrusca.

Ennio De Santis… exhibition at Mill Valley City Council Chambers Gallery

By Mardi Wood

Ennio De Santis speaks for himself about his California work: “My pictorial world is Nature-Animals, a fascinating theater in which I myself  move. My work seeks to penetrate the most ancient spirit of the earth, the “Nature Spirit” that has permitted man the beginning, the alternating seasons of the world, the dignity to live humanely … Here in California my work is transformed. The ocean air from Mount Tamalapais, from San Francisco Bay, the clean transparency, the light of the Marin County hills, all leave a tangible imprint that rounds the depths… I send a message, a cry to recall us to the rescue of nature, that vital sap of humanity, an appeal to the people of earth who are descending downward step by step –meteors that are going to extinguish themselves in a future darkness. ”

Nel giugno del 1990 ritornai in Italia. Intanto, in California, l’Istituto Italiano di Cultura iniziò ad interessarsi alla mia attività  e nel 1991 fui invitato di nuovo come protagonista di un evento dedicato alla cultura italiana. Fu durante questo secondo soggiorno in California che scrissi La voce nel deserto, una raccolta di poesie ispirate dagli eventi che agitavano gli equilibri mondiali: erano i mesi della guerra del Golfo… quel pezzo di terra dove la storia del mondo, da sempre, scrive e cancella il destino degli uomini…  Così dall’11 al 30 aprile del 1991 la Galleria dell’Istituto italiano di cultura a san Francisco organizzò un evento dove mi diedero la possibilità di presentare le mie opere.   

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LA VOCE NEL DESERTO – I

Affondo il bastone nella sabbia

e la barba annego negli occhi dei padri,

gonfi di sangue,

che le figlie amarono

di Sara e Rachele.

E interrogo i morti dell’ultima pazzia.

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LA VOCE NEL DESERTO 

THE VOICE IN THE DESERT

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Un docente di lingua e cultura italiana presso l’Università di Berkeley, durante la serata di inaugurazione e di  presentazione della mia raccolta di poesie, mi invitò a leggere alcune pagine della Divina Commedia ai suoi studenti. Sarei dovuto andare nelle settimane successive. All’inizio rimasi un po’ stupito … ma poi accettai… Avrei dovuto scegliere un Canto della Divina Commedia di Dante e leggerlo ai ragazzi. Avevo a disposizione un’ora di tempo. Scelsi  VI Canto del Purgatorio di Dante, il Canto di Sordello …

Quante volte avevo letto quei versi, nel silenzio della campagna e in compagnia del mio gregge….!!!!  L’incontro durò tre ore… i ragazzi mi fecero tantissime domande e io rispondevo come potevo…  ascoltare  la mia voce, il suono della lingua italiana li incuriosiva e li attirava…

Invito/Istituto italiano di Cultura- San Francisco

“… Il silenzio, la natura, il verde, il cielo…. è il mondo dei pastori che è il mio.” 

Hai citato la Divina Commedia. Quando e come è avvenuto, nella tua vita, l’incontro con la poesia?

Sono un autodidatta.  Fin da bambino  il mio mondo è stato quello dei pastori e dei campi…  Un mondo meraviglioso, fatto di lavoro e di sacrificio, ma anche di silenzio, di verde, di colloquio intimo con se stessi, con la natura, con il cielo. La mia  è stata un’infanzia  con le mani  “Bianche di latte” …

Bianche di latte/ alzo le mani / come candelabri / e, come ceri appena spenti / le mie dita fumano. / Cosa elevo al cielo: / l’anima del gregge/ o la linfa delle erbe?

(Le mie dita fumano  tratto da In un cavo di terra – 1977)

Non  ho potuto frequentare la scuola.  Senza istruzione, mi sono avvicinato alla poesia ascoltando le ottave e le rime dei  contadini-poeti estemporanei della Tuscia e di Piansano, il paese dove sono nato. Sentii subito che quei versi  riscaldavano  e nutrivano la mia anima … Avevo trovato  la parola che mi avrebbe insegnato  “ad esprimermi  e a comunicarmi …”. Nel silenzio dei campi, durante le lunghe e solitarie ore insieme alle mie greggi, iniziai a leggere Ariosto e Dante per “farmi l’orecchio alla musicalità poetica”. Quasimodo e Ungaretti sono i poeti che amo particolarmente. “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo.” Questi versi di Quasimodo sono tremendi, quanto tremendamente veri!  

Un incontro casuale ha permesso, invece, il mio primo contatto con la Bibbia. Erano i primi anni sessanta. Mi trovavo a Montefiascone, dove avevo accompagnato mia moglie per una visita medica all’istituto dermatologico IDI.  All’epoca avevo 25 anni. Parlando con un frate, gli chiedo, così a bruciapelo: “È vero che la Bibbia è un bel libro?”. Mi rispose: “È il primo libro”. Terminata la visita, mentre con mia moglie stavamo per uscire, quel frate si avvicina: “Ecco a te, te la regalo!”. Era una Bibbia. Cominciai a leggerla. La Genesi, il Libro dei Proverbi, il Siracide, Il Cantico dei Cantici. Ho letto soltanto il vecchio testamento. Ho scolpita dentro di me una frase tratta dal Siracide: “Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite, a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto. Coccola tuo figlio e ti darà brutte sorprese, gioca con lui e ti farà soffrire…” Mi risuona dentro e scatena in me tanti pensieri ….

E poi  la Genesi… “Le tenebre ricoprivano l’abisso, e sulle acque aleggiava lo spirito di Dio”… Leggevo e da dentro risalivano “lampi”, che sono diventati parole … IN UN COLPO D’ASCIA

Un colpo d’ascia/ il ramo di luce/ la luna che spella/ una striscia/ di scorza/ di mare/.

Fra cielo e terra/ rimbalza/ il cuore della notte,/

Tu/ da un guizzo/rapido giro dell’eterno/ Adesso nasci sull’acqua/.

E con occhi/ incandescenti di stelle/ Scruti e scuoti/I rami a galoppo/Sopra le mie ossa/.

E il bilanciere del sangue/Barcolla sul ceppo/

Non sei tu della terra.

Ma non crollo in macerie/ ché in me vibri/ monocorda giallo/ nel vento in bocca/ odoroso di mela

(tratto da Pastorali- 1980)

Come nascono  e quali luoghi scegli, abitualmente, per scrivere le tue poesie?  La poesia è la voce dell’anima… All’inizio  percepisci qualcosa dentro di te… Un lampo, una intuizione, un’immagine.  Essendo un lampo, arriva e basta, non lo vai a cercare! Poi se rimani come magnetizzato da questa intuizione, se percepisci che è qualcosa che  ti oltrepassa ma che chiede di essere presa in considerazione, l’intuizione prende forma, diventa emozione, pensiero, si allarga e cominciano ad arrivare anche le parole… È un percorso che va dal lampo alla parola, avanti e indietro… Scrivo le mie poesie di notte e quasi sempre in macchina, appoggiando il foglio sul ginocchio… devo essere solo per scrivere…

Ritorniamo  alla tua raccolta Il Vento d’inverness, alla poesia Kehoe Beach … “il vento che strapazzava… flagellava…,  l’oceano in tumulto, il risveglio di un’eco seppellita, la voce abissale che riemerge.. avrei voluto parlarti, tra dissonanze ed accordi di un unico senso, di un momento di vita che spaventa…” Parlaci di Kehoe Beach

È la difficoltà di sapersi ascoltare e entrare in sintonia con l’altro… La poesia è in parte autobiografica. Ritrovarsi a Kehoe Beach, camminare in faccia al vento  che ti  “strapazzava i vestiti e ti flagellava i capelli” e riflettere su … “Un momento di vita che spaventa”… Avevo lasciato la mia terra, non avevo più il mio gregge, la mia terra che, fino a quel momento, erano state la mia vita e il mio sostentamento… non avevo più nulla. Dentro quel nulla guardavo l’Oceano, la sua forza, la sua violenza… avevo paura…”la voce abissale che riemerge..” …Avrei voluto comunicare tutto questo, condividerlo con chi mi era accanto, comprendere insieme “tra dissonanze ed accordi di un unico senso”… 

Poi  l’amara costatazione: “..ma tu avevi alle tempie orecchie di conchiglia”. Nei momenti più difficili della vita, spesso ci si ritrova soli… che senso ha la solitudine? Che  cosa cercare e che cosa trovare dentro quella solitudine? Chi cercare? Cosa è “quella voce abissale che emerge?”

Cosa ha significato il periodo californiano nel tuo percorso umano e poetico?

Sono partito uno e sono tornato un altro. Sono arrivato li  in un momento molto difficile della mia vita. Questa situazione mi ha messo nella condizione di far emergere fino in fondo ciò che ero e che sentivo.

Ho visto il giardino segreto che era dentro di me… le sfumature del mio giardino, le ombre e la luce del mio giardino… incontravo un nuovo Ennio. Quello è che ritornato a casa e che ha ripreso il cammino …

Possiamo concludere affermando che per Ennio la poesia è tutta una questione di risposta, di sensibilità, di apertura all’istante, al momento presente. Una questione di sguardo che è posto sulle cose, anche  banali, della vita quotidiana. Un giorno, anche semplice, può sembrare ripetitivo, ma se si vive non è ripetitivo. È  questione di essere, anche quando è tormento. A volte tormento di infinito.

Se vista così, la poesia ci riguarda tutti…. Ogni persona ha il proprio giardino segreto, ogni persona ha la propria poesia ….

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