Storie ri-velate… a Sant’Antioco Punt’i oru & tradizione

PROFESSIONI SUL FILO... NARRAZIONI AUTOBIOGRAFICHE

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Non importa se non capisci, segui il ritmo.

Maria Lai  

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coordinamento a cura di Maria Pintus e Raffaella Puddu

Fazzoletti, veli, manti e scialli e con Emanuela Lai e Raffaella Puddu  ci ri-velano il linguaggio nascosto di un velo, di un fazzoletto, di un manto o di uno scialle indossato da una donna sarda… storie di vita, di famiglie, di comunità, di una femminilità che parla di sobria e vitale bellezza…

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Incontriamo Emanuela Lai a Sant’Antioco nella sua boutique SU TRIAXU E SA TERRALLIA. Mostrandoci due  veli appartenuti alla bisnonna, quello indossato da ragazza e il velo della sposa e della festa afferma: “Molte giovani donne di Sant’Antioco, ormai, considerano questi veli pezzi di stoffa. Questi non sono pezzi di stoffa ma un pezzo di storia della nostra  terra sarda  e della mia famiglia”. Lasciamo ad Emanuela la parola…

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Benché si tratti, per forma e dimensioni, di grandi fazzoletti riservati ad un uso festivo, i veli vengono considerati a parte perché caratterizzati dall’impiego di tessuti trasparenti quali l’organza, la garza o il tulle meccanico di cotone, lino o seta, a maglia per lo più esagonale. È plausibile che i primi esemplari fossero già diffusi sul finire del Settecento, presso i ceti abbienti, e che poi siano passati all’ambito popolare con sempre maggiore frequenza tra l’Ottocento e il Novecento con la crescente disponibilità sul mercato del tulle meccanico di cotone. Seguendo la moda borghese, il velo bianco diviene presto vero simbolo delle nozze sia per il colore che per la leggerezza e la trasparenza del tessuto.

IL VELO RIPIEGATO A TRIANGOLO. I modelli di forma quadrata vengono indossati ripiegati a triangolo, pertanto è frequente una ornamentazione ricamata simmetricamente negli angoli contrapposti o riservata alla sola parte triangolare che ricade sulle spalle, destinando un ornato più semplice a quella sottostante.

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Nella foto a sinistra, Emanuela indossa “il velo della ragazza nubile”. Appartenuto alla sua bisnonna, risale  alla metà del 1800 circa. Realizzato in mussola di cotone, é stato tessuto a telaio. All’epoca, il velo bianco in cotone, veniva indossato dalle ragazze di condizione sociale medio-alta. 

Nella foto a destra, Emanuela Lai indossa il cosiddetto “velo della festa e della sposa”,  anch’esso appartenuto alla bisnonna  e risalente alla seconda metà del 1800.  Nella realtà, il velo veniva  appoggiato sopra una cuffia, che a Sant’Antioco era di colore rosso.   

Il velo è realizzato in tulle e ricamato a “punt’i oru” (Punto d’oro). Una tecnica di ricamo antichissima e pressoché scomparsa.  A Sant’Antioco sono state le suore del Cottolengo ad insegnare questa tecnica alle donne del luogo. Di questa tradizione, ad oggi, nulla è rimasto. Emanuela Lai lancia anche un appello  per riportare all’attenzione  degli esperti del settore altri luoghi e  altre tradizioni locali dove il punto d’oro  viene ancora utilizzato. 

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Sant’Antioco. A destra, Maria Venturi ci mostra un velo spagnolo  acquistato a Granada negli anni sessanta del secolo scorso, realizzato  in tulle e ricamato a mano. A sinistra, Maria Venturi nel giorno del suo matrimonio (anno 1962). La testimone indossa un velo bianco  rettangolare da cerimonia realizzato in tulle.

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IL VELO QUADRATO O RETTANGOLARE… I veli di forma quadrata o rettangolare vengono indossati completamente aperti a ricadere sulle spalle; in questo caso la parte anteriore corrispondente alla sommità del capo viene rinforzata e ornata con l’applicazione di un pizzo meccanico o a mano.

I motivi decorativi sono sempre di carattere floreale, più o meno raffinati, e sono realizzati con fili di cotone o seta in tinta messi in opera a punto catenella, filza, pieno, pieno imbottito, rammendo, tela, festone e cordoncino con i quali si realizzano anche decorazioni a traforo a fili tirati.

Ricami su tulle dettagli (Velo spagnolo-Granada)

LA STIRATURA. I veli richiedono un’accurata stiratura che può prevedere l’apprettatura a caldo o a freddo. Caratteristica dello “stile locale” è proprio il modo di stirare e posare sul capo un tipo di velo che per il resto potrebbe altrimenti risultare identico tra un paese e l’altro e che invece, proprio con questi accorgimenti, caratterizza fortemente lo stile vestimentario dell’una o dell’altra località.

I veli di tulle vengono perciò inamidati in modi diversi a seconda dell’uso cui sono destinati.

L’amido cotto o la colla di pesce danno consistenza quasi vetrosa agli esemplari di Samugheo, Busachi, Iglesias, S. Antioco, Teulada ecc.. A Ollolai, Aritzo, Orosei e tutta l’area del Campidano di Oristano e di Cagliari si prediligono apprettature più leggere come anche Osilo, Sennori e Tempio. A Ittiri, Florinas e in tutta l’area anglonese, dove il velo si porta sciolto a ricadere sulle spalle, viene apprettata, e comunque rinforzata con un merletto di supporto, solo la parte anteriore.

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L’iconografia più antica mostra, con grande frequenza, immagini di donne abbigliate con manti da testa di notevole ampiezza. 

In qualche località questo tipo di copricapo è ancora presente nell’abbigliamento tradizionale e numerosi sono i reperti d’epoca che ne testimoniano una vasta diffusione tra tutti i ceti sociali sia negli abiti di gala che in quelli giornalieri e da lutto.

Si indossano sempre sovrapposti ad insiemi di cuffia/benda, cuffia/velo o fazzoletto.

L’ampiezza varia in relazione al modello mentre la lunghezza è tale da coprire il capo e tutto il busto arrivando fino al bacino.

I modelli più semplici sono quelli di forma quadrangolare, in piano, confezionati in panno o orbace e ornati con applicazioni di velluto, nastri e ricami.  

Di forma rettangolare piana sono anche i manti di panno di lana verde o azzurro di S. Antioco (pannìcciu de colòri).

La tradizione a Sant'Antioco
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L’ ABITO DELLA FESTA…(abito realizzato alla fine del 1800)

Sant’Antioco. RAFFAELLA PUDDU indossa il costume della zia… i tessuti, i colori, i gioielli della festa delle donne cagliaritane. 

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I manti delle ricche popolane di Cagliari (panattàre), detti mantéddu o mantìglia a arrànda ’e pràta, e quelli tipici degli abiti di gala di Iglesias, Alghero e Tortolì (mantìglia) hanno forma ad amigdala con lati lunghi asimmetrici. Sono confezionati in panno di lana rosso con bordi in trina d’argento lavorata a fuselli, oppure in raso di seta bianco con larga bordura in raso di seta azzurro. Sono indumenti riservati a donne benestanti e maritate che si indossano sempre sopra la cuffia o in associazione al velo di tulle. Dal Nuorese provengono manti della stessa forma, in panno bordato con nastri a motivi floreali, oppure confezionati con preziosi lampassi broccati a motivi floreali policromi, orlati con trine d’argento a fuselli; questi capi, la cui datazione può essere compresa tra il tardo Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, sembrano essere associati a sistemi vestimentari assai rari, di chiara influenza spagnola, prerogativa delle classi più elevate della società del tempo.

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