Ci racconta un aneddoto particolarmente significativo legato alla sua esperienza di ricamatrice?
Sicuramente la ricerca condotta per “riportare alla luce” due tecniche che, molto probabilmente, senza la mia curiosità, sarebbero scomparse per sempre. Sarebbe molto lungo raccontare tutta la storia: cercherò di sintetizzarla.
Molti anni fa, dopo aver letto su una vecchia enciclopedia di ricamo due brevi articoli riguardanti il Ricamo di Bricco e il Cavandoli, due tecniche piemontesi, coadiuvata dai miei impareggiabili genitori, iniziai una ricerca che durò 10 anni.
Chiese, conventi, sinagoghe, biblioteche e archivi furono i luoghi della ricerca. Trascorremmo anche giornate intere a girare per le campagne delle varie province, bussando alle cascine sperdute in mezzo ai campi, per sapere se qualche anziana signora poteva darci informazioni. Per 10 anni assolutamente nulla, nessuna notizia!! Quando lo sconforto e la rassegnazione iniziarono a prendere il sopravvento, ecco che il destino, improvvisamente, inaspettatamente e in modo incredibile e quasi sconvolgente, spalancò le porte su due commoventi storie, permettendomi, in seguito, di pubblicare il volume “Bricco e Cavandoli: due favole in punta d’ago”.
Era il 2007. Nel giro di pochi anni, i due ultimi testimoni di quelle storie, il Conte Emanuele Petitti di Roreto per il Bricco e il Generale Gherardo Guaschino per il Cavandoli, morirono: il Bricco e il Cavandoli sarebbero scomparsi per sempre insieme a loro.
Sarò eternamente grata a quei due uomini straordinari e alle loro famiglie per l’entusiasmo con cui si misero a mia completa disposizione permettendomi di raccogliere tutto il materiale necessario ad una completa ricostruzione degli avvenimenti che portarono alla nascita delle due lavorazioni.
Il mio lavoro di ricerca si sta trasformando in un progetto editoriale.
Dopo la pubblicazione di “Il mio Bandera” e “Bricco e Cavandoli: due favole in punta d’ago”, sono in preparazione altri 4 volumi che saranno pubblicati entro il prossimo anno.