Con Gisella Tamagno.. nel “Circolo dei Ricami”

PROFESSIONI SUL FILO... CANTIERE APERTO

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 I corsi di ricamo permettono di aprire una finestra su un mondo di tessuti, filati e accessori e sui materiali che li compongono: con il tempo si impara ad apprezzare la morbidezza e l’iridescenza di un velluto, la lucentezza e la flessuosità di una seta, la resistenza e la irregolarità di una tela antica; a scegliere il filato in base alla flessibilità o alla rigidezza; a optare per un ago, per una forbice, per un telaio a seconda delle esigenze. Si impara anche a individuare pregi e difetti dei vari materiali: basta un’occhiata per capire se un lino è di buona qualità o se si sfilaccia, è sufficiente sentire il rumore dell’ago che trapassa il tessuto per sapere se il telaio è ben teso, si può verificare la naturalezza di una canapa annusandone il profumo acre……ecco coinvolti i sensi.

Gisella Tamagno 

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a cura di Antonella Cesari
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A quanti anni e in che modo si é  avvicinata al mondo del  ricamo?  Può raccontarci brevemente il suo  percorso?

Sono nata in una famiglia in cui la passione per l’arte e per la manualità si respirava quotidianamente: il papà, il nonno e lo zio paterni, musicisti, mi hanno trasmesso l’amore per la musica che mi ha indotta a scegliere il violino come compagno di vita e di avventure in giro per il mondo, in qualità di concertista nelle più disparate formazioni e come insegnante in Conservatorio. La mamma e la nonna materna, abili artiste tessili, mi hanno dato in eredità la passione per i fili, gli aghi, gli intrecci, i tessuti: così, all’età di cinque anni, seduta su una sedia senza arrivare ancora a toccare terra con i piedi, seguita dalla mia dolcissima mamma, eseguii il mio primo centrino (seconda metà anni ’60……i centrini erano di moda) di rafia rossa. Me lo ricordo benissimo, con tenerezza e nostalgia. Da quel momento iniziò un percorso che mi portò prima a creare tantissimi capi per arredamento e abbigliamento all’uncinetto e poi, a partire dagli 11 anni, sempre aiutata dalla mamma, ad avvicinarmi al mondo del ricamo che non abbandonai più.

Quali sono le tecniche di lavorazione principali alle quali si dedica/ si é dedicata? Dedica quotidianamente del tempo al ricamo?

Il ricamo fa parte della mia quotidianità e… rallegra soprattutto le mie ore notturne: dalle 23 alle 2/3 di notte, quando nessuno chiama, nessuno telefona, nessuno pretende risposte via mail, whatsapp, messenger praticamente in tempo reale, per me il tempo rallenta, la mente si rilassa e, finalmente, posso liberare fantasia e creatività, decorando i tessuti con varie tecniche. Fermo restando che la mia tecnica preferita è il punto raso e, di conseguenza, le tecniche che lo utilizzano (Ricamo Bandera, Crewel, tecniche miste), periodicamente mi piace spaziare dal Reticello al Blackwork, dal Ricamo d’Assia al Ricamo di Bricco, dalle sfilature al Bizantino, dal ricamo su tulle ai punti ad intaglio, dal Cavandoli al Caterina de’Medici.

Secondo lei,  nella lavorazione prevale l’aspetto della tecnica, della disciplina, della passione per ciò che si fa? Che altro?…. In che modo questi aspetti si integrano e interagiscono tra loro?

A mio avviso tutte le caratteristiche enunciate nella domanda contribuiscono alla lavorazione: la tecnica è indispensabile perché permette di conoscere e di rispettare le prerogative di ogni tipo di ricamo ottenendo un risultato stilisticamente corretto; la disciplina è importante perché fa leva sul nostro senso critico e ci aiuta a prefiggerci obiettivi di alto livello esecutivo. 

Per quanto riguarda la passione, secondo me, è il motore di qualsiasi attività: semplicemente, senza passione nulla ha senso. Aggiungerei ancora la ricerca: una ricerca continua che attinge nel passato per proiettare nel futuro lavorazioni molto antiche ma estremamente versatili. Descrivendo i vari aspetti, credo di aver già risposto all’ultimo quesito: indispensabile la loro simultaneità.

Ci racconta un aneddoto particolarmente significativo legato alla sua esperienza di ricamatrice?

Sicuramente la ricerca condotta per “riportare alla luce” due tecniche che, molto probabilmente, senza la mia curiosità, sarebbero scomparse per sempre. Sarebbe molto lungo raccontare tutta la storia: cercherò di sintetizzarla.

Molti anni fa, dopo aver letto su una vecchia enciclopedia di ricamo due brevi articoli riguardanti il Ricamo di Bricco e il Cavandoli, due tecniche piemontesi, coadiuvata dai miei impareggiabili genitori, iniziai una ricerca che durò 10 anni.

Chiese, conventi, sinagoghe, biblioteche e archivi furono i luoghi della ricerca. Trascorremmo anche giornate intere a girare per le campagne delle varie province, bussando alle cascine sperdute in mezzo ai campi, per sapere se qualche anziana signora poteva darci informazioni. Per 10 anni assolutamente nulla, nessuna notizia!! Quando lo sconforto e la rassegnazione iniziarono a prendere il sopravvento, ecco che il destino, improvvisamente, inaspettatamente e in modo incredibile e quasi sconvolgente, spalancò le porte su due commoventi storie, permettendomi, in seguito, di pubblicare il volume “Bricco e Cavandoli: due favole in punta d’ago”.

Era il 2007. Nel giro di pochi anni, i due ultimi testimoni di quelle storie, il Conte Emanuele Petitti di Roreto per il Bricco e il Generale Gherardo Guaschino per il Cavandoli, morirono: il Bricco e il Cavandoli sarebbero scomparsi per sempre insieme a loro.

Sarò eternamente grata a quei due uomini straordinari e alle loro famiglie per l’entusiasmo con cui si misero a mia completa disposizione permettendomi di raccogliere tutto il materiale necessario ad una completa ricostruzione degli avvenimenti che portarono alla nascita delle due lavorazioni.

Il mio lavoro di ricerca si sta trasformando in un progetto editoriale.

Dopo la pubblicazione di “Il mio Bandera” e “Bricco e Cavandoli: due favole in punta d’ago”, sono in preparazione altri 4 volumi che saranno pubblicati entro il prossimo anno.

Che cosa significa per lei realizzare un manufatto? Come nasce l’idea, come si sviluppa? Cosa prova quando, terminato l’ultimo punto, puoi dire: “Il lavoro è concluso!”

I miei lavori nascono sempre da un desiderio o da una esigenza perché non mi piace lavorare senza uno scopo.

I miei progetti, quindi, sono sempre legati a un regalo, a una ordinazione, alla preparazione di un kit, a un campionario, a un lavoro finalizzato alla didattica, a una dimostrazione, a un capo pensato per una esposizione.

  • Parto sempre da un’idea di base non troppo definita.
  • Subito dopo scelgo il soggetto, il tessuto, i filati, i colori e la tecnica di esecuzione, non necessariamente in quest’ordine.
  • A questo punto, con una matita in mano, osservo il tessuto per un minuto, un quarto d’ora, mezz’ora, come uno scrittore fissa un foglio bianco e poi, improvvisamente, inizio a disegnare.
  • I disegni li creo sempre al momento, direttamente sul tessuto, copiandoli dal vivo oppure traendo ispirazione da immagini o fotografie che modifico sempre oppure, nella maggior parte dei casi, inventandoli completamente: non copio mai disegni di altre persone, amo l’esclusività.
  • Dopo aver riportato il disegno sul tessuto, inizio a ricamare, senza pensare troppo, senza programmare il risultato finale, invento in corso d’opera.

Cosa provo quando eseguo l’ultimo punto?

  • Emozione, perché la sensazione più bella è vedere il lavoro nascere, poco per volta, tra le proprie mani, senza sapere esattamente quale sarà l’effetto una volta terminato
  • Commozione per l’imminente “distacco”;
  • Felicità perché, a breve, potrò intraprendere una nuova avventura; se il capo ha richiesto mesi di lavorazione confesso che provo anche un senso di liberazione!!!!….finalmente è terminato!!!!!!!!

Il ricamo di Bricco 

Segnalibri realizzati con la tecnica Cavandoli

Generalmente a chi comunica e  con chi condivide il risultato del lavoro concluso? Innanzitutto lo condivido con i miei genitori e mio marito, poi con le mie allieve. Se si tratta di una ordinazione, non  vedo l’ora di mostrarlo al committente.

Ha qualche lavoro al quale é particolarmente legata? Difficile rispondere a questa domanda, forse i capi d’abbigliamento ricamati a punto raso perché, indossati, mi dà l’impressione che prendano vita.

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Quando  e dove  ha iniziato a pensare di aprire e coordinare una scuola di ricamo? Ci può riassumere brevemente come l’attività sta crescendo nel corso degli anni?

Fu nel 1995: un giorno, non so il perché, mi venne in mente di far pubblicare, su un giornale locale, un brevissimo annuncio che recitava più o meno così: “Se desiderate apprendere le basi del ricamo classico vi aspetto il giorno x alle ore x nella sede delle associazioni di Pino Torinese”……la prima ad arrivare fu Gabriella, poi Gilda, Silvia, Graziella, in seguito molte altre. Fondai un’associazione, pubblicai annunci pubblicitari per un paio d’anni dopodiché i corsi continuarono a crescere grazie al passaparola sino ad oggi, con un numero di allieve che si aggira, ogni anno, tra le 60 e le 80. Gabriella, Gilda, Silvia e Graziella frequentano ancora il mio Circolo di Ricami. Devo a loro il mio gratificante successo.

I corsi di ricamo per educare aIl gusto del bello si può apprendere oppure è una competenza innata?

Come educare  alla bellezza e al gusto del bello attraverso i cinque sensi? In questa prospettiva che cosa significa per lei promuovere l’arte del ricamo attraverso i suoi corsi?

La mia mamma mi ha sempre detto: “non è ciò che è bello che piace ma è ciò che piace che è bello”; e questo, secondo me, vale soprattutto in campo artistico. 

Basandomi su tale principio, non credo si possa educare al bello: credo che si possa contribuire a sensibilizzare le persone affinché, autonomamente, possano apprezzare o criticare un’opera in modo più consapevole. 

Le creazioni, opere dell’uomo o della natura, possono essere guardate, toccate, annusate, ascoltate, e/o gustate: l’attenzione con cui si coinvolgono i sensi modifica le percezioni e l’attenzione può essere affinata grazie a percorsi guidati che aiutano a notare particolari che, altrimenti, verrebbero ignorati. I corsi di ricamo permettono di aprire una finestra su un mondo di tessuti, filati e accessori e sui materiali che li compongono: con il tempo si impara ad apprezzare la morbidezza e l’iridescenza di un velluto, la lucentezza e la flessuosità di una seta, la resistenza e la irregolarità di una tela antica; a scegliere il filato in base alla flessibilità o alla rigidezza; a optare per un ago, per una forbice, per un telaio a seconda delle esigenze. Si impara anche a individuare pregi e difetti dei vari materiali: basta un’occhiata per capire se un lino è di buona qualità o se si sfilaccia, è sufficiente sentire il rumore dell’ago che trapassa il tessuto per sapere se il telaio è ben teso, si può verificare la naturalezza di una canapa annusandone il profumo acre……ecco coinvolti i sensi.

… la creatività e la bellezza del ricamo  fra tradizione & innovazione 

Quali sono, secondo lei, per una ricamatrice, i maggiori ostacoli alla creatività?

Credo che il primo ostacolo, il più determinante, sia la incapacità di creare i disegni. Molte persone non sono in grado o non se la sentono di inventare disegni per i propri ricami e così sono costrette a copiare  lavori già esistenti o ad affidarsi alla creatività altrui. Il secondo ostacolo che ho verificato nel corso della mia carriera di insegnante è la difficoltà, anzi, addirittura il timore ad utilizzare i colori: la loro scelta e la formazione delle sfumature spaventa la maggior parte delle persone. Anche in questo caso è necessario un intervento esterno. La persona che si presta a sopperire a queste lacune deve cercare, però, di capire ed interpretare il più possibile la personalità e il gusto di chi dovrà poi eseguire praticamente il ricamo.

L’arte del  ricamo per ritrovare se stessi… Il silenzio e l’arte del ricamo: quale relazione? Il tessuto, per chi ricama, è l’equivalente della tela per il pittore, del foglio per lo scrittore, del blocco di marmo per lo scultore, del pentagramma per il compositore: raccoglie le emozioni dell’autrice/autore. La tranquillità e il silenzio aiutano la concentrazione e l’introspezione, regalando momenti di intimità e di rilassamento che stimolano la creatività.

L’arte del ricamo per creare relazioni interpersonali… La condivisione del proprio lavoro con gli altri… quali competenze sviluppa? In che modo i corsi di ricamo della sua scuola vanno in questa direzione?

Il ricamo può essere un ottimo compagno per i momenti di solitudine, come un meraviglioso mezzo per creare legami: durante le mie lezioni ogni persona esegue un lavoro diverso, quindi può servire da stimolo per le altre. 

Le difficoltà e i successi di ognuna vengono condivisi e contribuiscono ad accrescere la competenza di tutte. Una cosa di cui vado molto fiera e che mi riempie di gioia è il sapere che l’amicizia tra le mie allieve supera i confini della scuola e crea, da sempre, legami sinceri e duraturi. Un altro mezzo per stimolare ed ampliare le competenze, la ricerca, la condivisione, gli scambi e le relazioni interpersonali, sono le mostre. Nel corso degli anni ne ho organizzate molte nell’ambito della mia scuola per far conoscere al pubblico le nostre attività, riscuotendo sempre molto successo ed un incremento di iscrizioni; ho partecipato a mostre e fiere del settore in Italia e all’estero; dal 2008 organizzo personalmente, presso il Castello Della Rovere di Vinovo (provincia di Torino) in collaborazione con la Pro Loco, la mostra biennale Fili Magici che ospita artiste/i del ricamo e del merletto provenienti da molte regioni italiane e dall’estero (soprattutto dalla Francia) e che attira migliaia di visitatori per l’alto livello dei lavori in esposizione valorizzati anche dalla magia del castello.

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Con Gisella Tamagno … Le disposizioni mentali che fanno la differenza  clicca qui

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Castello Della Rovere di Vinovo (TO)  Mostra biennale Fili Magici

Apprendimento  intergenerazionale, per imitazione &  Creatività per  un approccio innovativo: come tenere insieme tradizione e innovazione? La tecnica che lei insegna tiene conto di tutto questo?

Questo è un argomento che mi sta molto a cuore. L’origine del ricamo si perde nella notte dei tempi. Il ricamo ha attraversato secoli e confini decorando capi di arredamento e di abbigliamento e ha seguito gli stili dell’arte e le tradizioni di tutti i luoghi in cui si è sviluppato. E’ giusto conoscere l’origine e le caratteristiche di ogni tecnica ed insegnarle nelle scuole ma è indispensabile innovare il ricamo e renderlo vivibile dalle nuove generazioni per non farlo morire. Quante ragazze vorrebbero nelle loro case copriletto con testiera, coprivassoi,  completi da letto, da bagno o da tavolo sontuosamente ricamati? Poche…credo…..

Borgo Medievale di Torino- Mostra “Magia del Ricamo” 2008

Inoltre, il ricamo, è considerato, da chi non lo conosce, una noiosa attività per nonnette. Per questo motivo è estremamente importante dimostrare ai giovani, maschi e femmine, cosa si può ottenere con due semplicissimi oggetti come un ago e un filo e quali potenzialità si possono sviluppare con l’aiuto della fantasia e della creatività.

Ogni tecnica può prestarsi ad un percorso innovativo; ad esempio, la tecnica che più di ogni altra mi rappresenta, il Ricamo Bandera, nella sua forma originale si presenta un po’ troppo elaborato e “pesante”, adatto alle corti sabaude seicentesche e settecentesche per addobbare le quali era nato.

A distanza di 300/400 anni è impensabile farlo entrare nelle nostre case con l’aspetto originale ma si possono estrapolare dei particolari ed assemblarli con uno stile più attuale con ottimi risultati.

il ricamo Bandera 

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 Le ricamatrici italiane dovrebbero adoperarsi, tutte insieme, per ottenere un riconoscimento ufficiale della loro professionalità e un titolo relativo che attesti le loro competenze e che permetta loro di poter accedere alla formazione delle nuove generazioni. All’estero esistono importanti scuole, famose in tutto il mondo, che collaborano anche con importanti case di moda; inoltre, in alcuni paesi, il ricamo è addirittura materia di insegnamento universitario. In Italia esiste un numero impressionante di tecniche nate e sviluppatesi a livello locale o regionale, come in nessun altro paese al mondo: abbiamo troppo, al pari delle altre forme d’arte, e non sappiamo o non possiamo, almeno per il momento, dare il giusto valore a questo immenso patrimonio.

Gisella Tamagno (Vicepresidente della Corporazione  delle A.R.T.I. )

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Che cosa è per  lei la bellezza?  Quale posto occupa nella sua vita? Dove la cerca? Dove la trova?

La bellezza, per me, è tutto quello che può trasmettermi gioia, appagamento, stupore, incredulità, dandomi una sensazione di benessere. Occupa un posto importante nella mia vita perché la sua ricerca mi accompagna continuamente: la cerco e la trovo dappertutto, forse grazie al mio carattere allegro e ottimista. Può essere opera dell’uomo o della natura, una importante opera d’arte o un fragile cristallo di ghiaccio, una emozionante melodia o un infuocato tramonto. Guardandosi attorno con spirito positivo si possono trovare mille esempi di bellezza.

Tre aggettivi per descrivere i luoghi dove é cresciuta da bambina e dove oggi vive…

I luoghi sono sempre gli stessi: Pino Torinese e Torino. Gli aggettivi?

SCENOGRAFICI

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SCENOGRAFICI  penso alle colline torinesi e alle Alpi Graie

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STORICI

STORICI, dalla severa Augusta Taurinorum alla elegante Torino barocca, dalla rivoluzionaria Torino culla del Risorgimento alla operosa Torino industriale, dalla raffinata Torino Liberty alla battagliera Torino Medaglia d’Oro per la Resistenza, dalla inquieta Torino post bellica alla rinnovata Torino che si scopre ambita meta turistica.

VIVIBILI

VIVIBILI, guardando ai parchi, ai fiumi, ai grandi viali alberati, alle botteghe artigiane, ai locali storici, ai musei che fanno di Torino e dintorni un luogo accogliente e affascinante, nonostante la presenza di alcune problematiche che la accomunano ad altre grandi capitali.

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